L'analisi
Il Revisionismo Sociale dei populisti al governo
I 4 capitoli del governo giallo-verde che riguardano la vita di tutti noi: l’obbligo dei vaccini; il contrasto al razzismo; le domeniche gratis nei musei; la pubblicità dei giochi d’azzardo
Dal «no vax» alla revisione della legge Mancino contro il razzismo, dall’abolizione delle domeniche gratis nei musei fino al divieto di pubblicità per i giochi d’azzardo, c’è un filo rosso che collega le esternazioni dei populisti al governo, Cinquestelle da una parte e leghisti dall’altra, a seconda dei temi e delle rispettive posizioni. E come il «revisionismo storico», quella linea di pensiero che pretende di correggere tesi e opinioni correnti o dominanti ritenute scorrette, anche in questo caso si potrebbe parlare di un «revisionismo sociale»: cioè di una cultura o incultura che mette in discussione verità o certezze acquisite, condotte o comportamenti consolidati.
Non è detto che siano sempre o del tutto proposte sbagliate. Quello che sorprende e lascia perplessi, piuttosto, è la disinvoltura e la leggerezza con cui vengono lanciate, quasi fossero un «ballon d’essai» per sondare il terreno e compiacere i propri elettorati. Un mix di populismo e demagogia, insomma, che spesso prescinde dalle esperienze e dalle risultanze scientifiche o addirittura le contraddice. Se poi si aggiunge il fatto che i social network favoriscono la diffusione delle fake news, o bufale che dir si voglia, l’effetto complessivo è quello di una confusione generale che richiama la leggenda della Torre di Babele.
Senza alcuna pretesa di stabilire qui verità assolute e definitive, proviamo allora a ragionare su questi quattro capitoli del «revisionismo sociale» d’impronta giallo-verde che riguardano la vita di tutti noi: l’obbligo dei vaccini; il contrasto alle discriminazioni e in particolare al razzismo; le domeniche gratis nei musei; la pubblicità dei giochi d’azzardo. Sono riflessioni di buon senso che ognuno può valutare liberamente, considerando i «pro» e i «contro», senza dividersi a ogni costo in favorevoli e contrari.
Vaccini obbligatori. È scientificamente provato che servono per prevenire malattie epidemiche, in modo da tutelare la salute dei più piccoli e dei più deboli: dal morbillo alla pertosse, dalla meningite alla poliomielite e via di seguito. In qualche caso, se il vaccino viene somministrato in condizioni particolari, può anche accadere che provochi qualche reazione allergica. Ma quale farmaco, a cominciare dall’Aspirina, non implica una certa dose di rischio? E comunque, un’ampia casistica medico-scientifica documenta che i vaccini sono utili per evitare di contrarre malattie gravi che possono essere anche letali, favorendo la cosiddetta «immunità di gregge» che riguarda tutta la popolazione e in particolare quella scolastica. È proprio da qui che discende l’obbligo di vaccinare i bambini, per impedire o ridurre il rischio del contagio.
Facciamo l'esempio della ministra grillina della Salute, Giulia Grillo, che pure è medico legale ed è contraria alla obbligatorietà sebbene non neghi l’importanza della vaccinazione. Quando dice che vuole riformare la precedente legge Lorenzin per ridurre il numero dei vaccini fondamentali, annunciando che per il resto si procederà «in caso di specifici episodi epidemici» e che lei comunque farà vaccinare il figlio di cui è in attesa, lancia un messaggio contraddittorio e pericoloso che nega di fatto l’efficacia della prevenzione. E quando la maggioranza giallo-verde decide di rinviare l’obbligo all’anno scolastico 2019-2010, non c’è da meravigliarsi che questo «revisionismo sanitario» susciti dissensi all’interno dello stesso M5S: come quelli della senatrice Elena Fattori e del senatore Giorgio Trizzino, direttore sanitario dell’Ospedale civico di Palermo, il quale ha dichiarato: «In quasi 40 anni di lavoro in un ospedale pediatrico, ho visto bambini morire a causa di morbillo e meningite, ma non ho mai visto bambini perdere la vita a causa di complicanze post vacciniche». Il rischio, insomma, è che per rispettare la libertà individuale si comprometta la salute e la sicurezza collettiva.
Legge Mancino. La norma (25 giugno 1993 – n. 205) punisce gesti, azioni e slogan legati all’ideologia nazifascista che incitano alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali. A distanza di un quarto di secolo, forse sarebbe opportuno estenderla anche all’omofobia, a tutela dei gay che spesso sono vittime di insulti e violenze. E invece, di fronte ai rigurgiti di razzismo sempre più frequenti, il ministro leghista della Famiglia, Lorenzo Fontana, propone di abrogare questa legge perché – a suo parere – si sarebbe trasformata in un’arma ideologica che «offre una sponda al razzismo anti-italiano». Non c’è il pericolo, piuttosto, di legittimare e alimentare così la xenofobia e il razzismo?
Musei gratis. L’ex ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, aveva introdotto l’ingresso gratuito nei musei pubblici la prima domenica del mese: l’intento era quello di stimolare l’interesse per la cultura e di favorire il turismo, che è tuttora la nostra prima industria nazionale. Adesso il suo successore, Alberto Bonisoli, del Movimento 5 Stelle, intende abolire questa misura per far pagare il biglietto. Ma un'analisi del sito «True Numbers» (www.truenumbers.it), specializzato nel «fact checking», cioè nella verifica dai fatti e dei dati, documenta che quella norma non solo non ha danneggiato i bilanci dei musei, ma anzi ha favorito i conti pubblici producendo un effetto promozionale.
Tra il 2013 e il 2017, infatti, le entrate dei musei sono sempre aumentate fino a raggiungere l’anno scorso la cifra record di 64,2 milioni di euro, con una media mensile di 5 milioni. Nel complesso, il patrimonio gestito dal ministero dei Beni culturali (musei, monumenti e aree archeologiche) ha registrato un totale di 193 milioni e 631 mila euro, in aumento di circa 70 milioni rispetto al 2013 quando gli incassi furono di 126 milioni e 417mila euro (+53%). Un trend positivo che ha permesso nel quinquennio migliaia di assunzioni nel settore. Anche in questo caso, insomma, il «revisionismo culturale» rischia di essere controproducente.
Giochi d’azzardo. È giusto combattere la ludopatia, cioè la dipendenza dal gioco compulsivo. Ma già includere in questa categoria giochi di antica tradizione popolare, come il Lotto e il Supernalotto, appare francamente una forzatura. Fatto sta che dal 2007 un concessionario come Lottomatica ha investito circa 80 milioni di euro per supportare iniziative culturali, sociali e sportive. A queste sponsorizzazioni, va aggiunto poi il contributo che, attraverso un meccanismo di trasferimento dal ministero dell’Economia a quello dei Beni culturali e del Turismo introdotto dalla «legge Veltroni» (n. 662/96), destina automaticamente una parte dei proventi del Lotto al recupero dei beni architettonici e culturali: dal ’98 a oggi, oltre 1,8 miliardi di euro per oltre 600 interventi.
Ben venga, allora, il contrasto alla ludopatia, ma non è la pubblicità che induce la dipendenza. E attenzione nel frattempo a non ridurre i finanziamenti alla Cultura e al Turismo. Altrimenti, per coerenza, il governo giallo-verde farebbe meglio a rinunciare alle concessioni e agli introiti fiscali che ne derivano per le casse dello Stato.