il problema
Vivere e lavorare immersi nella natura
Tra grattacieli sempre più alti, tecnologie pervasive e infrastrutture imponenti, rischiamo di smarrire qualcosa di fondamentale: il nostro legame con la natura
In un’epoca in cui oltre la metà della popolazione mondiale vive già in contesti urbani e, secondo le stime delle Nazioni Unite, entro il 2050 quasi il 70% dell’umanità abiterà città sempre più densamente popolate, sorge una domanda urgente e ineludibile: che tipo di futuro ci stiamo costruendo? Le città sono diventate il cuore pulsante della vita contemporanea, il luogo dove si decide il destino della salute, del benessere e della qualità della vita delle generazioni presenti e future. Tuttavia, nel nostro slancio verso l’innovazione, tra grattacieli sempre più alti, tecnologie pervasive e infrastrutture imponenti, rischiamo di smarrire qualcosa di fondamentale: il nostro legame con la natura.
Questa riflessione è al centro del nuovo libro Rinascere nel verde, appena pubblicato da Giunti, scritto a quattro mani da Elena Meli, giornalista scientifica ed esperta di salute, e Rita White, presidente dell’Accademia Italiana di Biofilia (AIB). Il volume si propone non solo come un viaggio appassionato nella scienza del benessere ambientale, ma come un appello urgente a ripensare il modo in cui costruiamo e abitiamo i nostri spazi, riportando la natura al centro delle nostre vite. Non si tratta di nostalgia bucolica o di una questione estetica. È una necessità biologica. Il nostro cervello, il nostro corpo e la nostra psiche si sono evoluti per millenni in simbiosi con gli elementi naturali. L’essere umano è fatto per sentire il vento sulla pelle, camminare sulla terra, osservare l’alternanza delle stagioni, respirare aria pulita, ascoltare il fruscio delle foglie e il canto degli uccelli. Per centinaia di migliaia di anni, questi stimoli hanno scandito la quotidianità dell’Homo sapiens. Solo da pochissimo, in termini evolutivi, li abbiamo sostituiti con l’illuminazione artificiale, il rumore del traffico, l’aria condizionata e gli schermi digitali. Un cambiamento repentino e profondo che il nostro organismo fatica ad assorbire.
I segnali di questa frattura sono ovunque: aumento dei disturbi del sonno, ansia, depressione, malattie cardiovascolari, obesità, isolamento sociale. Viviamo immersi in un ambiente costruito che troppo spesso ignora i nostri bisogni ancestrali, spingendoci verso un’esistenza alienata, satura di stimoli artificiali e povera di connessioni autentiche, con gli altri e con il mondo che ci ospita.
Eppure, la soluzione è sotto i nostri occhi. Numerose ricerche scientifiche dimostrano che la presenza della natura nei luoghi di vita e di lavoro migliora significativamente la salute fisica e mentale. Aree verdi urbane, terrazze fiorite, giardini terapeutici, piante negli uffici, materiali naturali nell’arredo, luce solare, acqua che scorre: elementi semplici, ma potenti. La sola vista di uno spazio naturale, anche per pochi minuti al giorno, può ridurre il battito cardiaco, abbassare la pressione arteriosa, migliorare la concentrazione e ridurre la percezione del dolore.
La biofilia, l’innata attrazione verso la natura descritta dal biologo Edward O. Wilson, non è una moda passeggera, ma una realtà radicata nella nostra stessa fisiologia. Rinascere nel verde è un invito a riscoprire questa verità dimenticata, a ricucire il legame interrotto con l’ambiente naturale, a riorientare le politiche urbane, l’architettura, la scuola, la medicina e persino l’economia verso un nuovo paradigma: quello della riconnessione. Come scrivono le autrici, oggi più che mai è necessario “passare da un’urbanizzazione disumanizzante a una progettazione rigenerativa, dove le città tornino ad assomigliare a organismi viventi, capaci di respirare, rigenerarsi, nutrire le persone e la biodiversità”. Non è utopia. È già realtà in molte città del mondo, dove progetti pionieristici di biophilic design stanno trasformando scuole, ospedali, uffici e quartieri interi in luoghi più sani, più belli, più umani. A Singapore, città-giardino per eccellenza, l’integrazione tra architettura e natura è diventata politica pubblica. A Milano, il Bosco Verticale ha cambiato il volto dello skyline urbano dimostrando che il verde può salire in altezza. A Barcellona, il progetto Superilla sta restituendo le strade alle persone, sostituendo le automobili con alberi e aree pedonali. E anche in Italia, sempre più amministrazioni locali stanno riscoprendo il valore terapeutico della natura urbana. Ma la rivoluzione verde parte anche dai gesti quotidiani: scegliere di camminare in un parco invece che su un marciapiede trafficato, coltivare un orto sul balcone, portare i bambini a giocare nei boschi, lavorare vicino a una finestra, imparare a riconoscere le piante e i suoni della natura. Piccole scelte che possono produrre grandi cambiamenti, individuali e collettivi. Il messaggio del libro è chiaro e potente: se vogliamo città davvero sostenibili, inclusive e resilienti, dobbiamo ripensarle a partire dalla vita. Dalla biodiversità. Dall’acqua, dal verde, dalla luce. Non si può parlare di futuro senza parlare di natura.
Non si può parlare di salute senza parlare di ambiente. Non si può parlare di felicità senza parlare di connessione. E non si può progettare il mondo di domani senza rimettere al centro ciò che ci tiene in vita. Rinascere nel verde è quindi più di un titolo evocativo. È un programma d’azione. È un manifesto per una nuova civiltà urbana che sappia riconciliare progresso e poesia, scienza e sentimento, cemento e radici. È un richiamo al coraggio di cambiare prospettiva, di ricominciare da ciò che ci rende pienamente umani. In un tempo in cui l’emergenza climatica, le disuguaglianze sociali e il disagio psichico sembrano sfide insormontabili, riscoprire la forza rigenerativa della natura non è un lusso: è una necessità. È il primo passo per guarire, per reinventare il nostro modo di abitare il mondo, per ritrovare senso, equilibrio e speranza. Per rinascere, appunto, nel verde.