Ambiente e Salute

Agricoltura rigenerativa: evviva la biodiversità

Alessandro Miani

L’agricoltura rigenerativa è molto più di una semplice pratica agricola: è un approccio rivoluzionario che punta a ripristinare la salute del suolo, promuovere la biodiversità e contribuire alla mitigazione della crisi climatica

L’agricoltura rigenerativa è molto più di una semplice pratica agricola: è un approccio rivoluzionario che punta a ripristinare la salute del suolo, promuovere la biodiversità e contribuire alla mitigazione della crisi climatica. In un mondo in cui il degrado del suolo rappresenta una minaccia crescente, con il 33% delle terre globali in condizioni critiche e previsioni che indicano un peggioramento fino al 90% entro il 2050, questa visione offre una speranza concreta.

In Europa, si stima che tra il 60% e il 70% dei suoli sia degradato, mentre in Italia circa il 25% del territorio nazionale è a rischio, con il 28% del suolo già esposto alla desertificazione. Le pratiche dell’agricoltura rigenerativa, come l'uso di colture di copertura, la rotazione delle colture e la riduzione delle lavorazioni del terreno, hanno dimostrato di poter invertire queste tendenze allarmanti. Secondo la FAO, i suoli sono il secondo serbatoio più grande di anidride carbonica dopo gli oceani e, se gestiti in modo rigenerativo, possono svolgere un ruolo cruciale nell’assorbire le emissioni e nell’adattarsi agli impatti della crisi climatica. Ma non si tratta solo di un beneficio ambientale. Studi recenti hanno evidenziato che l’adozione di pratiche rigenerative può aumentare la redditività agricola fino al 60% entro 6-10 anni, offrendo così anche un chiaro incentivo economico.

Nel Mezzogiorno d’Italia, in particolare in Puglia e Basilicata, l’agricoltura rigenerativa sta prendendo piede grazie all’impegno di aziende private e consorzi pubblico-privati. Un esempio emblematico è quello di Andriani Spa, che ha avviato una sperimentazione su circa 100 ettari di terreni tra Puglia e Basilicata, applicando tecnologie avanzate e pratiche rigenerative alla filiera delle leguminose. Questo progetto mira a sviluppare uno dei primi protocolli validati di agricoltura rigenerativa in Italia, con l’obiettivo di migliorare la sostenibilità delle produzioni e raccogliere dati scientifici preziosi per il settore.

Un’altra iniziativa di rilievo è il progetto «Agricoltura Rigenerativa Post Xylella», promosso dal Distretto Agroalimentare di Qualità Jonico Salentino (DAJS), che ha ricevuto oltre 14,5 milioni di euro di finanziamento. Questo programma si concentra sul recupero degli oliveti distrutti dalla Xylella nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto, introducendo tecniche innovative per rigenerare il paesaggio agricolo e offrire nuove prospettive di sviluppo alle aziende olivicole colpite. A queste iniziative si affiancano realtà come l’Azienda Agricola Blasi, in Puglia, che produce «L'Uva di Emilia», l’unica uva da tavola in Italia coltivata secondo i principi dell’agricoltura organica e rigenerativa.

L’approccio adottato non solo garantisce un prodotto di altissima qualità, ma contribuisce anche alla rigenerazione del suolo e alla sostenibilità ambientale. Allo stesso modo, l’Associazione Nazionale Produttori per l’Agricoltura Organica e Rigenerativa (ANPAOR) si è affermata come un punto di riferimento per le aziende agricole che desiderano adottare pratiche rigenerative, supportando l’aumento della fertilità del suolo e la produzione di cibo sano. Questi esempi dimostrano che l'agricoltura rigenerativa non è solo una teoria, ma una pratica tangibile con risultati misurabili. Nel contesto del Mezzogiorno d’Italia, dove il degrado del suolo e la pressione climatica rappresentano sfide significative, queste esperienze sono un segnale di speranza.

La strada è tracciata: attraverso l’adozione di queste pratiche, non solo possiamo riparare i danni causati da decenni di sfruttamento intensivo, ma possiamo anche creare un modello agricolo che mette al centro la salute del pianeta e la prosperità delle comunità locali. L'agricoltura rigenerativa, con il suo potenziale di trasformazione, si pone come una delle chiavi per un futuro più sostenibile, resiliente e in armonia con la natura.

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