Ha coronato con la vittoria dello scudetto una stagione da favola. Nell’annata da poco terminata, con la maglia della Sir Susa Vim Perugia, a 39 anni, il salentino Massimo Colaci ha primeggiato in tutte le manifestazioni alle quali ha preso parte: Mondiale per Club, Supercoppa italiana, Coppa Italia e, di nuovo, nella Superlega con la conquista del titolo tricolore.
Riesce a ricordare tutti i successi ottenuti in carriera a livello di club?
«Faccio un rapido conteggio: 5 scudetti, 6 Coppe Italia, 7 Supercoppe italiane, 5 campionati del mondo per club, 1 Champions League. Sono a quota 24 trofei».
Non è “sazio” di primeggiare?
«Quando sento parlare di “pancia piena” che farebbe venire meno gli stimoli non riesco a capire come sia possibile una cosa simile. A certi livelli si lavora giorno dopo giorno avendo quale unico obiettivo la vittoria, che è sempre difficile da centrare in quanto la concorrenza è forte ed agguerrita. Si suda e si studia per vivere i pochi minuti nei quali si solleva un trofeo».
Che valore dà allo scudetto appena conquistato?
«Considero la vittoria del titolo tricolore la soddisfazione più bella. Per come è arrivato, colloco l’ultimo scudetto subito dopo il primo del quale mi sono fregiato in carriera. È stata una stagione nella quale siamo riusciti a migliorare costantemente».
La Sir Susa Vim si è imposta in tutte le manifestazioni alle quali ha partecipato. Come si riesce ad avere un rendimento tanto costante?
«È una questione di mentalità. C’è la consapevolezza che si possa sempre crescere, individualmente e come collettivo. Questo vale anche dopo un successo perché esistono dei dettagli da limare».
Ha vissuto 17 stagioni in A1, disputando 571 gare e vincendone 418. Come è riuscito a restare sulla breccia così a lungo?
«Curo il mio fisico, ma ho anche avuto la fortuna di non subire gravi infortuni. Inoltre, in me è sempre presente lo stimolo a fare di più. Quando qualcuno si chiede se posso reggere ancora a certi livelli alla mia età, mi dà ulteriori motivazioni. A questo aggiungo che mi diverto tanto a giocare a pallavolo perché per me è una passione. Così non avverto il peso dei sacrifici necessari per restare al top».
Il Perugia le ha rinnovato il contratto per il 2024/2025. Soddisfatto?
«Alla vigilia della final four di Coppa Italia ho dichiarato proprio alla Gazzetta del Mezzogiorno che avrei voluto giocare almeno per un’altra annata, ma che non dipendeva solo da me perché avrei dovuto trovare una società ed un tecnico disposti a darmi fiducia a 40 anni. Ebbene, dopo la vittoria del trofeo, il club umbro mi ha proposto di continuare ad essere parte del progetto. In 10’ abbiamo definito tutto».
La Sir Susa Vim punta a primeggiare ancora. Il suo palmares è destinato a diventare più ricco?
«Perugia viene da una stagione nella quale ha vinto tutto quello che poteva. Ripetere un simile cammino è difficilissimo. Nel 2024/2025 torneremo anche a cimentarci in Champions. Ogni rivale vorrà batterci. Noi proveremo a vincere ancora».
È stato compagno di team di tantissimi campioni. Quale ritiene in assoluto quello top?
«La scelta è complicatissima perché ho giocato con atleti di prim’ordine. Penso a Simone Giannelli, che è uno dei più grandi palleggiatori della storia del volley, a Wilfredo Leon, a Matej Kaziyski. Ma dovendone indicare solo uno punto su Juantorena. Al di là delle sue indubbie qualità tecniche, Osmany ha rivoluzionato l’esecuzione di alcuni fondamentali della pallavolo».
Il suo comune di origine, Ugento, ha espresso due liberi di caratura mondiale: lei e Mirko Corsano. Chi il più forte?
«Mi sono sempre ispirato a lui. Abbiamo vinto entrambi tanto con i rispettivi club, in epoche differenti, ma Mirko ha collezionato tanti allori anche con la Nazionale. Io in azzurro non ho mai avuto l’onore di cingermi al collo una medaglia d’oro, pur essendo salito sul podio in manifestazioni di prestigio. Tra i liberi emersi da Ugento ed approdati in Superlega è giusto rammentare Marco Rizzo, che da tempo calca i parquet della massima serie, facendosi apprezzare».
A chi deve dire grazie nella sua carriera?
«A tantissime persone. Cito chi mi è stato accanto da ragazzo: mio padre Ascanio, che mi ha trasmesso la passione per la pallavolo e mi ha seguito nei primi passi, Maurizio De Giorgi, Franchino Ozza ed Alfredo Stea, punti fermi del periodo ugentino, e Sandro Zecca, dirigente storico ai tempi dei mitici Falchi, che mi fece effettuare un provino con il Corigliano Calabro. Da lì ha preso le mosse la mia scalata».
Il testimone ora passa alla Nazionale allenata dal suo conterraneo Fefè De Giorgi. Cosa si aspetta dagli azzurri alle Olimpiadi?
«Il primo traguardo da raggiungere sarà quello di ottenere il pass per Parigi. Considerato il ranking, basterà comportarsi bene in VNL. Una volta alle Olimpiadi, saremo tra le formazioni più quotate insieme alla Polonia ed agli Stati Uniti. L’Italia ha talento. Il risultato finale dipenderà anche dall’apporto che saprà garantire chi partirà dalla panchina quando sarà chiamato in causa».
Segue il calcio? Cosa pensa del campionato del Lecce?
«Sono un appassionato. I giallorossi hanno quale traguardo la permanenza in A e sono sempre stati fuori dalla zona rossa. La squadra è circondata da tanto entusiasmo. La società è solida e seria. Può contare su un responsabile dell’area tecnica del calibro di Pantaleo Corvino, che è un numero uno nel suo campo».