L'iniziativa di sensibilizzazione

Linfoma non Hodgkin, come scoprirlo e curare il tumore: da Bari una campagna

Intervista ai clinici dott. Attilio Guarini (Irccs Giovanni Paolo II) e prof. Pellegrino Musto (Università-Policlinico Bari)

Un tumore silenzioso ma al tempo stesso aggressivo, che si può curare nel 60% dei casi. Per questo è importante riconoscerlo in tempo senza sottovalutare alcuni sintomi. E’ questo l’oboettivo della campagna di sensibilizzazione sul Linfoma non Hodgkin, in particolare sul DLBCL “Dal primo momento, vicini ai pazienti con Linfoma non Hodgkin”, promossa da Roche Italia con il patrocinio di AIL – Associazione Italiana contro le Leucemie, i Linfomi e il Mieloma e l’associazione La Lampada di Aladino ETS che si è svolta a Bari, nel teatro Kursaal Santalucia. L’iniziativa è stata una occasione di approfondimento sulla patologia favorendo il confronto diretto tra Associazioni di Pazienti, medici e il personale sanitario di riferimento lungo tutto il percorso terapeutico, fin dal primo momento.

Nell’incontro, si sono confrontati sugli aspetti clinici e psicologici del percorso dei pazienti con Linfoma non Hodgkin i clinici - Dott. Attilio Guarini, Dott. Andrés J. M. Ferreri e Prof. Pellegrino Musto - e le associazioni di pazienti con l’intervento di Maria Antonietta Specchia, Presidente AIL Bari e di Davide Petruzzelli, Presidente La Lampada di Aladino. L’incontro aperto gratuitamente a tutta la cittadinanza si è concluso con la proiezione del film «Alla Salute» della regista Brunella Filì e sostenuto dall’Apulia Film Commission, che racconta la storia vera di un paziente con Linfoma diffuso a grandi cellule B.

Dr. Attilio Guarini, Direttore di Ematologia e del Dipartimento Area Medica dell’IRCCS Istituto Tumori Giovanni Paolo II di Bari. Come scoprire il Linfoma non Hodgkin?

“Il Linfoma non Hodgkin è stato definito molti anni fa il “grande mimo” perché può dare segni e sintomi in tutti gli organi e apparati. Nella maggior parte dei casi si presenta con linfonodi aumentati di volume o alterazioni ematologiche. Esistono tuttavia alcuni casi di linfoma nei quali il paziente non sviluppa alcuna alterazione ematologica e con esami di laboratorio perfetti; o ancora casi in cui il linfonodo o la lesione extranodale non si manifesta ma si arriva alla diagnosi tramite la lesione di un'altro organo come il sistema nervoso, la tiroide, lo stomaco o l’intestino. La presenza di un linfonodo ingrossato dev’essere riportata all'ematologo, che è il primo medico a prendere in carico il paziente e che, sin dal momento della diagnosi lo seguirà per tutto l'iter terapeutico. Un percorso che è abbastanza complesso”.

Una domanda che si pongono in tanti: quali rimedi per la cura del Linfoma non Hodgkin e della sua forma più comune, il linfoma a grandi cellule B (DLBCL)?

“In generale il Linfoma non Hodgkin e la sua forma più comune, il DLBCL, hanno dei buoni margini di cura. Negli anni i margini di cura sono aumentati progressivamente, oggi la speranza è rappresentata dalle nuove terapie che arriveranno e che sarà possibile applicare sin dalla diagnosi, dalla prima linea, dal primo momento. La ricerca e i nuovi farmaci hanno aumentato progressivamente le possibili soluzioni e ampliato le capacità di trattamento. Oggi vediamo l’utilizzo e lo sviluppo degli anticorpi bispecifici, le CAR-T e una quantità di farmaci nuovi, che consentono di registrare una maggiore risposta alla cura e nelle linee avanzate del linfoma. Ad oggi possiamo parlare di guarigione dopo almeno 5 anni di remissione completa dalla malattia, ovvero dalla scomparsa di ogni segno e sintomo del linfoma”.

Perché è importante la sensibilizzazione?

“È importante sensibilizzare perché purtroppo si tende a sottostimare un segno e sintomo e si dà poca importanza all’ingrossamento di un linfonodo in ascella o in laterocervicali, soprattutto se piccolo e contenuto. Prendere alla leggera questi sintomi può portare a un ritardo diagnostico. La diagnosi precoce e la presa in carico tempestiva del paziente sono, invece, fondamentali. Il messaggio che è importante trasmettere ai cittadini è quello di affidarsi al proprio medico di base, segnalando un sintomo o un qualsiasi altro sospetto di malattia. Sarà lui a valutare e, con una medicina sempre più integrata sul territorio, a mettere in contatto il paziente con lo specialista ematologo per eventuali accertamenti”.

Prof. Pellegrino Musto, Direttore dell’U.O. di Ematologia con trapianto del Policlinico e Professore di Ematologia all’Università degli studi “Aldo Moro” di Bari. Quale è l’origine di questi tumori linfatici?

“I Linfomi non-Hodgkin rappresentano una eterogenea classe di tumori del sangue che prendono origine da cellule del nostro sistema immunitario, chiamate “linfociti”, che, a seguito di alterazioni del DNA acquisite nel corso della vita dei pazienti, manifestano una crescita incontrollata e progressiva, in genere a livello dei linfonodi, ma spesso con il coinvolgimento anche di altri organi e tessuti. In Italia sono la quinta forma di cancro più comune negli uomini e la sesta nelle donne”.

Esiste un range di età maggiormente a rischio?

L’età mediana di insorgenza è compresa tra i 50 e 60 anni e l’incidenza tende ad aumentare dell’età. Tuttavia, i linfomi-non Hodgkin possono manifestarsi in ogni epoca della vita. Nel nostro paese vengono diagnosticati annualmente 15-18 nuovi casi ogni 100.000 abitanti e attualmente i pazienti con Linfoma non Hodgkin sono oltre 150.000. Il linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL) è la forma più comune di questa tipologia di tumore del sistema linfatico, rappresentando circa il 30% di tutti i linfomi non-Hodgkin. I linfociti colpiti dalla malattia sono, in particolare, i linfociti B, normalmente deputati alla produzione di anticorpi. Si tratta di una forma di linfoma ritenuta “aggressiva”, ma che con le attuali terapie può essere completamente guarita in circa il 60% dei casi”.

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