Il disco
Lucio Corsi e... ricorsi: «Canto l'infanzia». Fuori l'album «Volevo essere un duro»
Il cantautore, secondo a Sanremo e prossimo rappresentante dell'Italia all'Eurovision, sarà a Locorotondo e Lecce in agosto
«È un disco che racconta la mia infanzia e adolescenza, ma non solo la mia, in tanti si identificano»: si intitola «Volevo essere un duro», come il brano sanremese, il nuovo disco di Lucio Corsi, uscito oggi in digitale per Sugar Music e in arrivo l’11 aprile nei formati fisici, vinile e CD. Un album di ricordi, veri e inventati, di personaggi del bene e del male, di località come prati di margherite o squallide zone industriali. Lucio Corsi incontra la «Gazzetta» alla vigilia di questo nuovo capitolo di vita e di carriera, in un momento felice: secondo posto e Premio della Critica al Festival di Sanremo, e in procinto di partire per Basilea per rappresentare l’Italia all’Eurovision Song Contest. Il 10 aprile inizia il tour nei club, già tutto sold out, poi le 25 date estive, prodotte da Magellano Concerti, con due tappe in Puglia il 10 agosto 2025 a Locorotondo e l’11 a Lecce, alle Cave del Duca. In mezzo i due appuntamenti negli Ippodromi, a Milano e Roma.
Eppure questo grande successo non sembra scalfire un animo scanzonato e completamente innamorato della musica. «In questo lavoro ho cercato una trasformazione a livello testuale, provando a non staccare più di tanto i piedi da terra - racconta - ho voluto cantare in maniera chiara e diretta di alcune persone». Nove tracce scritte e composte da Corsi e l’inseparabile Tommaso Ottomano, che hanno curato anche la produzione con Antonio «Cuper» Cupertino. «Ci sono personaggi che esistono davvero, come Francis Delacroix, un amico fotografo, o il mio compagno delle scuole medie, Rocco, protagonista del brano “Let There Be Rocko”».
Francis Delacroix è forse uno dei pezzi più riusciti del progetto, che già in sala stampa a Sanremo Corsi aveva fatto ascoltare ai giornalisti in anteprima, un talkin’blues che cita parole, isole, situazioni e allucinazioni, e si rifà a questo amico fotografo di Volpiano, «imprigionatore di voci e rumori. È il bugiardo più autentico che abbia mai conosciuto. Con la lingua italiana, poi, puoi dire di tutto, viaggiare con la scrittura, mi sono ritrovato catapultato in altri mondi e altri tempi».
Sicuramente sa già, però, che dal 13 maggio lo aspetta l’esperienza dell’Eurovision, a cui ha accettato di partecipare dopo la rinuncia del vincitore di Sanremo, Olly: «Eravamo preparati a ogni opzione - racconta - e insieme al team stiamo andando con lo stesso spirito del Festival, stessa direzione, niente fronzoli e fuochi d’artificio. La canzone non la cambierò, il focus lo stiamo impostando sulla musica, con me ci sarà ovviamente Ottomano, ma non Topo Gigio (ride, ndr.)».
Quello uscito oggi è il quarto album in studio, a cui seguirà il tour nei club: «La formazione di base è sempre la stessa - continua Corsi - quella con cui suono da sempre. Siamo in sette sul palco, ci sono un sacco di chitarre. Sono molto legato al concetto di musica dal vivo, che il concerto sia diverso dall’album, con le note suonate che girano nell’aria. E vanno bene anche le imperfezioni, se fischiano le spie fa tutto parte dello show, di un certo modo autentico di intendere la musica dal vivo. Poi per gli ippodromi sperimenteremo un po’ di più, vorrei fiati, cori, percussioni, riarrangeremo qualcosa, ma il nucleo di base rimarrà quello di noi sette».
Dalla Maremma a Milano, l’influenza della Toscana anche nelle tracce si sente forte: «In provincia si respira pace, equilibrio, io sono felice. È una fortuna essere cresciuto in campagna, nella provincia di Grosseto. Si impara a fare i conti con la noia che fa parte della nostra vita, ed è inutile provare a fuggire. Si sperimenta il rapporto con il silenzio, in cui vengono fuori i pensieri. Poi a Milano ho trovato la mia dimensione, c’è la trattoria di fiducia, sto bene e sono in pace. Ma gli strumenti mi hanno insegnato a stare zitto, e quella noia ti porta a fuggire con l'immaginazione».