Esclusiva

Sanremo 2024, abbiamo ascoltato i 30 brani in anteprima: le prime impressioni

Bianca Chiriatti

Tra le scelte di Amadeus un trionfo di canzoni d'amore e ritmi scatenati. Bene Il Volo, Mahmood, Geolier, Negramaro. Da riascoltare Gazzelle, Renga e Nek, Sangiovanni: tutti i «promossi» e i «rimandati» a febbraio

Produzioni curate, ballad d’amore, messaggi sociali più sfiorati che altro, ma non poche sorprese. A una manciata di settimane dall’inizio dell’edizione 2024 del Festival di Sanremo oggi, 15 gennaio, i giornalisti hanno avuto la possibilità di ascoltare in anteprima le canzoni in gara. La «Gazzetta» era presente: qui le prime impressioni sui brani, che abbiamo diviso in tre categorie, «promossi a pieni voti», «promossi» e «da riascoltare».

PROMOSSI A PIENI VOTI:

Negramaro - «Ricominciamo tutto»: power ballad, cresce sul ritornello e esplode sul finale con una produzione meravigliosa, da band di grande coesione ed esperienza. C'è curiosità per la resa orchestrale. Il mare fortemente presente nel testo, quasi una fotografia, citano «una canzone di Battisti all'alba/anche senza bionde trecce». Maestosa.

Mahmood - «Tuta gold»: «Cinque cellulari nella tuta gold/baby non richiameró», e poi il battito di mani a ritmo come fu per «Soldi». Rimane in testa al primo ascolto. Contemporanea, convincente, è già una hit. Terzo Eurovision per lui?

Il Volo - «Capolavoro»: ci sbilanciamo, il gruppo può piacere o meno, ma il brano è da podio. I tre ragazzi de Il Volo tornano con una canzone specchio del loro strabiliante successo: voci magnifiche, un avvio melodico moderno e un ritornello lirico ma senza strafare. Hanno limato qualche virtuosismo e lavorato più sulla parte contemporanea, il risultato potrebbe essere perfino da vittoria. Bravi.

Ricchi e Poveri - «Ma non tutta la vita»: premiati già solo per il coraggio di far cominciare il brano con «Che confusione», come la loro più grande hit «Sarà perché ti amo». Sono in due ma valgono per cento: inaspettati, dance, faranno ballare social e balere senza distinzione. Attingono dappertutto, dai ritmi estivi anni '80 fino a un «clap clap» riconoscibile e ruffianissimo. Ci hanno sconvolto, in senso buono. Rivelazione.

Loredana Bertè - «Pazza»: i primi applausi in sala arrivano qui. Brano grintoso, radiofonico, con un bellissimo messaggio: «Prima ti dicono basta sei pazza/e poi ti fanno santa», un lavoro convincente che non vediamo l’ora di ascoltare dal vivo. Autobiografica. Il podio potrebbe essere più di un sogno.

The Kolors - «Un ragazzo una ragazza»: prendere «Italodisco», lasciare intatta la struttura, cambiare un po’ la tonalità ed ecco il pezzo. Operazione pienamente riuscita: si parte con base «Popcorn» di Gershon Kingsley, si prosegue con atmosfere del passato che continuano a rivelarsi vincenti. I divi della danza social, Joey e Rina, possono giá preparare i passi.

Annalisa - «Sinceramente»: ennesima hit, forse un filo meno forte delle quattro dell'ultimo anno. Il filone è sempre quello, e visti i successi non era difficile immaginarlo. Qui la splendida vocalità viene meno in favore del ritmo, cassa dritta e incalzante, non urliamo al miracolo ma all'Eurovision faremmo comunque un'ottima figura.

Geolier - «I p’me, tu p’te»: se la platea che lo segue da tempo saprà organizzarsi bene con il televoto, sarà un osso duro da battere. Il napoletano stretto può non piacere a tutti, ma il successo di Geolier è una realtà e va accettato. Si canta al primo ascolto. Primo posto Spotify assicurato, per la classifica sanremese forse è ancora presto. 

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PROMOSSI:

Alessandra Amoroso - «Fino a qui»: la canzone racconta la sensazione di essere in bilico di una persona in procinto di buttarsi da un grattacielo. Un tema forte per l'esordio sanremese. E l’atmosfera è pienamente centrata: la strofa è molto intensa, la voce sempre ai massimi, cita anche «Sally» di Vasco, la immaginiamo come perfetta colonna sonora da ascoltare in un giorno di pioggia, al buio. Nota di redazione, sul palco Alessandra sarà diretta dal maestro Francesco Mancarella, leccese.

Maninni - «Spettacolare»: la Puglia melodica di Diodato ed Ermal Meta ha un nuovo nome, ed è quello di Maninni. Timbro gradevole, canzone orecchiabile e radiofonica, il cantautore barese se la cava meglio di tanti colleghi più blasonati. Contemporaneo, in molti lo hanno già preso a cuore, secondo noi porterà a casa una splendida prova.

Diodato - «Ti muovi»: e proprio il cantautore jonico regala una ballad sulle ultime possibilità e la difficoltà di lasciar andare via un amore. A primo ascolto romantica e intensa, immaginiamo che crescerà col tempo. Egregia la prova vocale e i virtuosisimi sul finale, ma nulla a cui il tarantino non ci abbia già abituati.

Dargen D’Amico - «Onda alta»: preparatevi perché la canteremo fino a Natale prossimo. «Sta arrivando, sta arrivando l'onda alta» è il vero tormentone di questo Festival. Non ci stupiremmo se diventasse perfino un coro da stadio. Centro!

Rose Villain - «Click boom»: abbiamo chiarito che il titolo si riferisce al suono di un proiettile. Una sorpresa: un brano che valorizza la sua bella voce (in attesa della resa senza autotune), parte con la melodia e nel ritornello pompa la cassa. Il segno di Davide Petrella tra gli autori è una garanzia.

Fiorella Mannoia - «Mariposa»: megafono della questione femminile, in linea con un impegno sociale da sempre portato avanti. La canzone è a cavallo tra etnico e world music, la resa orchestrale sarà fondamentale. Si autocita («Una, nessuna, centomila»), canta la libertà e l’orgoglio delle donne, dolorosamente attinente al momento storico.

Emma - «Apnea»: sceglie la dance sul ritornello, la strofa un po’ meno potente. Contemporanea, urban, ma è come se non arrivasse fino in fondo. Da risentire.

Angelina Mango - «La noia»: sul filone di «Che t'o dico a fa'» continua l'influenza partenopea della cantautrice lucana, che stavolta non canta in napoletano ma presenta una cumbia scritta da Madame. Ci aspettiamo grande energia sul palco. Una canzone per fare festa.

Ghali - «Casa mia»: tra i pochi testi con uno spunto sociale, sfiora vari temi, dalla guerra alle differenze, passando per la violenza (c'è addirittura la parola «sparatoria») e l'invettiva contro le apparenze («Siamo tutti zombie col telefono in mano»). In un'edizione di Sanremo in cui i rapper si cimentano tutti nella melodia, lui è uno dei pochi che rimane fedele alle origini. Un buon lavoro. 

La Sad - «Autodistruttivo»: sopra le righe, ma nel senso migliore del termine. Una canzone perfettamente nello stile della band, in cui la penna di Riccardo Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari incontra un modo di interpretare scanzonato e veloce. I fan saranno soddisfatti perché passerà senz'altro in radio, chi non li conosce bene avrà voglia di approfondire. Convincenti.

Alfa - «Vai!»: suono internazionale, ricorda «Run» degli statunitensi OneRepublic. E forse la ricorda un po' troppo, si chiama anche «Vai!». Il risultato è valido, cantata in inglese conquisterebbe social e classifiche di tutto il mondo.

Santi Francesi - «L’amore in bocca»: un brano che si distingue, non semplice, ma per questo sorprendente. La produzione tra le più curate delle trenta canzoni, nel loro stile. Forse troppo chic per il pubblico di Sanremo, ma faranno una bellissima figura.

Bigmama - «La rabbia non ti basta»: ritmo a tamburo battente, presenta un testo sulle rivincite, sulla rabbia di chi ha sofferto in passato. «È facile distruggere i più fragili/colpire e poi affondare chi è solo». Il messaggio arriva.

Bnkr44 - «Governo punk»: esperimento riuscito a metà. Uno spaccato sulla società giovane e i suoi disagi, in mezzo a «labbra di silicone», in dualismo tra ansie e apparenze. Probabilmente in inglese avrebbe reso diversamente, apprezzate le citazioni di «pezzi di Blur e Queen». Un buon punto di partenza.

Clara - «Diamanti grezzi»: direttamente da Sanremo Giovani, brano contemporaneo, orecchiabile, adeguato all’età della star di «Mare fuori». Autotune, ritmo incalzante e niente più, ma per l’esordio va benissimo così.

DA RIASCOLTARE A FEBBRAIO

Mr. Rain - «Due altalene»: nota di colore, mentre ascoltavamo questo brano si sono accese le luci nella sala del Teatro delle Vittorie, quasi un'esperienza mistica, come gli angelici bambini che lo scorso anno portò sul palco. Quest'anno i piccoli sono rimasti a casa, così come la convinzione nel brano presentato al Festival, decisamente meno forte del 2023. Forse era un po' presto per tornare all'Ariston...

Irama - «Tu no»: una ballad senza ritornello, che non esplode mai. Si cimenta di nuovo col tema dell'assenza, e - almeno in versione radio - sembra metterci un po' troppa rabbia. Molti punti in cui la melodia è difficile e il rischio di voce strozzata è dietro l'angolo, sarà una bella prova vocale dal vivo. Lo aspettiamo al varco per sorprenderci.

Gazzelle - «Tutto qui»: le aspettative iniziali erano alte, non pienamente soddisfatte, almeno a primo ascolto. Il brano è lento, quasi dilatato, cresce un po' sul finale ma l'effetto è abbastanza inconsistente. Serve una scossa dal vivo.

Sangiovanni - «Finiscimi»: Mostra un lato romantico forse poco espresso finora in carriera. «Io non so come si controllano le emozioni/perció delle volte ho fatto un po’ il c*glione», e il pensiero alla ex Giulia Stabile va in automatico (non l’unico spunto di «Amici», provando a cantare il finale si sente un richiamo a «Rossofuoco» di Mida). Un ritorno a Sanremo che non sconvolge, da riascoltare.

Fred De Palma - «Il cielo non ci vuole»: più trap che reggaeton, la quota TikTok è smarcata. Tormentone per gli appassionati. Tamarra, ma con simpatia.

Renga e Nek - «Pazzo di te»: una canzone pop, nello stile di Renga e Nek. Su trenta brani è tra quelli che restano meno in testa, ma in fondo è solo il primo ascolto. I fan della coppia apprezzeranno. 

Il Tre - «Fragili»: nel caos è una di quelle canzoni che rischia di passare inosservata. Rap puro nelle strofe e ritornello cantabile, ma non spicca in mezzo alla troppa roba che c'è. Sul palco potrebbe sorprendere. Da tenere d'occhio.

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