L'intervista
«La mia Casa», due tappe pugliesi per il tour di Raf: «Sono un uomo fortunato»
Il cantautore di Margherita di Savoia (Bt) sarà a Taranto l'11 maggio al Teatro Orfeo e il 12 a Bari al TeatroTeam
«La mia Casa»: si chiama così il nuovo tour di Raf in partenza nei teatri di tutta Italia, e considerate le origini del cantautore, nato a Margherita di Savoia (Bt), non potevano mancare due tappe in Puglia, l'11 maggio a Taranto, al Teatro Orfeo, e il 12 a Bari al TeatroTeam (biglietti in vendita su Ticketone).
Un ritorno sul palco dopo l'esperienza della tournée insieme a Umberto Tozzi e il successo radiofonico con «Chérie» e il remake di «Ti pretendo», classico degli anni '80 cantato insieme a Guè. «Casa è un concept che riguarda il tour, un libro, una canzone, ma anche un album che uscirà dopo l'estate - racconta Raf alla «Gazzetta» - Parla di me, dell'ambiente domestico, ma anche del pianeta Terra in cui viviamo, e di cui spesso ci dimentichiamo, presi dai nostri problemi, mentre dovremmo trattarla proprio come se fosse la nostra casa, il nostro giardino, perché non ne abbiamo un'altra».
Dalla provincia pugliese al pianeta Terra, uno sguardo profondo. Se ripensa a quel bambino che era e vede dove è arrivato oggi, cosa prova?
«Ritornando al concetto di "casa", la mia è fatta di musica, viaggi, sogni, sono un sognatore fin da ragazzino. Tante cose si sono realizzate diversamente da come avevo immaginato, ma riuscire a far diventare un mestiere quello che era un hobby è un enorme traguardo. Sono un uomo fortunato».
Da tanto non la vediamo da solo sul palco, cosa prova?
«È vero, è qualche anno che non faccio uno show tutto mio, anche se l'esperienza con Umberto è stata stupenda. Questa reunion con il mio pubblico era necessaria: faccio il punto della situazione con i brani storici, mettendo in scaletta anche quelli che per esigenze di lunghezza non potevo inserire in coppia con Tozzi. Poi ci saranno anche un paio di inediti. L'adrenalina c'è sempre, anche se sul palco mi sento a casa, ho più difficoltà magari quando sono ospite in altri contesti».
Dopo una carriera così lunga capita mai di riguardarsi, riascoltarsi?
«Non lo faccio quasi mai, se non è necessario. Perché sono un rompiscatole, tendo a giudicarmi troppo, sono puntiglioso e autocritico. Invece per quanto riguarda le canzoni le produco fin dall'inizio, seguo tutto il processo, quando sono confezionate le ho già fin troppo nelle orecchie, quasi allo sfinimento».
Lei ha un pubblico trasversale, com’è abbracciare più generazioni?
«Innanzitutto io mi considero un boomer, TikTok è per me un terreno bizzarro, ho provato ad aprirlo ma l'ho richiuso poco dopo perché non lo capisco. La generazione dei 30enni è quella che nei miei confronti fa da anello di congiunzione tra quello che c’è stato, quello che c’è oggi e quel che ci sarà domani. La mia, di generazione, a volte fa fatica a comprendere il talento dei giovani, che in alcuni casi è evidente. Io stesso gli artisti contemporanei li scopro grazie ai miei figli, e certe attitudini sono limpide».
Un amarcord sui concerti pugliesi?
«Ricordo senz’altro le tappe nei palazzetti a Bari, venivano parenti e amici da Margherita di Savoia. Proprio lì, invece, negli anni '90 ho fatto un concerto storico per fare "pace" con le mie origini: all'inizio nessuno si aspettava la mia popolarità, specie cantando in inglese, e i presentatori in tutta Italia mi introducevano senza mai citare la mia provenienza, anzi spesso ero "il cantante toscano". Poi, davanti a quella piazza dove sono cresciuto, ho preparato un lungo discorso e mi sono riappropriato delle mie radici. L'applauso che arrivò fu indimenticabile».