L'azienda di Casarano
Prima ciabattini e calzolai: Elata, una storia salentina lunga un secolo
Tre generazioni all'opera nell'industria calzaturiera. Oggi, nell’azienda lavorano figli, nipoti e pronipoti: il traguardo delle cento candeline
LECCE - «Elata» spegne le sue prime cento candeline e programma una serie di eventi per celebrare nel modo più consono un traguardo storico.
Oggi, Casarano e il calzaturiero formano un binomio indissolubile. Eppure, nei primi anni del ‘900 non era così. In città erano attivi diversi artigiani ciabattini e calzolai, ma il primo imprenditore del settore fu Salvatore Nicolazzo, che esattamente un secolo fa fondò a Casarano la Elata.
Non che Salvatore fosse estraneo al mondo delle scarpe: il padre, il nonno e persino il bisnonno erano stati calzolai e pare che fossero anche molto bravi. Si racconta che uno di loro, militare a Napoli nel regio esercito borbonico, ottenne una licenza premio per aver realizzato un paio di scarpe prive di cuciture per la regina. Salvatore, però, era giovane e voleva farsi valere al di fuori degli angusti confini della città natale. Nato nel 1899, era stato inviato al fronte della Grande Guerra, tra i cosiddetti ragazzi del ‘99. Fu l’unico del suo battaglione a far ritorno a casa. Quell’esperienza lo aveva forgiato e gli aveva instillato nel cuore una voglia di riscatto. Così, aveva deciso di recarsi al nord, dove era entrato in contatto con il mondo dell’industria, al quale sentiva di appartenere. Quel fatidico 1923, era rientrato nel Salento solo per prendere con sé quella che sarebbe divenuta sua moglie e tornarsene al nord. Il destino, però, aveva in serbo ben altro per lui. Il suocero, uomo d’altri tempi, non ne volle sapere di lasciar partire sua figlia. Le alterative, a quel punto, erano due: tornare al nord per inseguire la carriera e rinunciare all’amore, oppure restare a Casarano e sposare la donna amata. Fortunatamente, vinse l’amore e a quella storia d’amore è legata la vocazione calzaturiera del distretto di Casarano. Salvatore restò a Casarano, ma non rinunciò ai suoi progetti professionali e, non potendo trasferirsi al nord, ricreò nella sua terra un pezzo di quel mondo che aveva ormai definitivamente abbandonato, fondando la sua azienda. Si dice che quando giunsero i primi macchinari industriali, ad attenderli ci fosse il sindaco con tanto di banda. In realtà, in pochi credevano che un calzaturificio avrebbe potuto funzionare nel Salento. Tant’è che, per realizzare l’opificio, Salvatore dovette ricorrere ad un prestito, che gli fu concesso solo a patto di rivedere il progetto. La sua funzione industriale venne in parte snaturata a favore di quella agricola, in modo tale da poter facilmente riconvertire l’edificio, qualora, come in tanti profetizzarono, l’impressa fosse fallita. I fatti, però, diedero ragione al giovane imprenditore.
Il periodo del secondo conflitto mondiale fu difficile: materie prime quasi del tutto assenti e blocco della produzione. In quegli anni, l’azienda diede ospitalità agli sfollati dalla linea gotica e ai soldati polacchi di stanza a Casarano. In quel periodo, Salvatore ricoprì la carica di vicesindaco di Casarano.
Quando l’imprenditore venne a mancare improvvisamente, nel 1959, furono le sue cinque figlie e i suoi due figli, all’epoca poco più che ventenni, a prendere in mano le redini dell’azienda, traghettandola verso il futuro. Oggi, nell’azienda lavorano tre generazioni, dai figli ai pronipoti del fondatore.
Grazie alla linea da ballo prodotta da Elata, le scarpe made in Casarano sono sbarcate a Hollywood e Broadway e sono finite ai piedi di stelle del calibro di Anne Hathaway, Antonio Banderas, Sofia Loren e Penelope Cruz, solo per fare alcuni nomi.
Attualmente, il 70 per cento dei circa 50 dipendenti è costituito da donne. L’azienda si serve esclusivamente di fornitori italiani, preferenzialmente del distretto, con un riguardo particolare verso la sostenibilità.
Tutti gli scarti vengono recuperati e riutilizzati, tanto che in casa Nicolazzo gli stessi addobbi natalizi sono realizzati con le pelli avanzate, quando non vengono trasformate in supporto pittorico per quadri.
L’azienda, inoltre, usa esclusivamente energia solare autoprodotta. Non ci sono sprechi neppure nella produzione, poiché Elata lavora solo su ordinazione. Il piccolo outlet aziendale è alimentato da serie di ritorno dai negozi oppure da piccole produzioni avviate per consumare le materie prime residue.
I canali di distribuzione ufficiali sono le boutique sparse in Italia e nel mondo. L’azienda casaranese, infatti, è uno dei pochissimi calzaturifici che non si limita alla produzione conto terzi. Elata è riuscita a mantenere il proprio marchio, con due collezioni annuali. Altro fiore all’occhiello è la vendita online, con un servizio di consulenza e assistenza che accompagna i clienti in ogni singolo passaggio, allo scopo di soddisfare tutte le loro esigenze.
Insomma, da quel 1923, l’Elata si è spinta sempre più in alto. E non poteva essere diversamente, visto che il nome Elata deriva dall’aggettivo latino «elatus» che vuol dire proprio «alto, elevato».
Questa lunga e appassionante storia sarà raccontata attraverso foto d’archivio, modelli e prototipi in un museo temporaneo che sarà allestito all’interno di Palazzo d’Elia in occasione dei festeggiamenti in onore del santo patrono.
Si tratterà solo del primo evento per festeggiare i cento anni di un’eccellenza salentina, un’azienda che ha fatto e continua a fare la storia industriale del territorio.