intervista
ESCLUSIVO Ecco i lavori fatti prima del crollo della palazzina. Un tecnico accusa: «Interventi non a regola d'arte»
Il racconto di un geometra che ha partecipato ai sopralluoghi nell'edificio di via De Amicis: «Troppi errori nella procedura, adesso qualcuno dovrà pagare»
BARI - «Le cose che le ho raccontato qui le dico e qui le nego. Non sta registrando, vero?». A parlare è un tecnico, un geometra («Non metta il mio nome», ma la «Gazzetta» ovviamente ne conosce e ne ha verificato le generalità) che ha partecipato per molti mesi a sopralluoghi e riunioni nella palazzina di via De Amicis con l’obiettivo di aggiudicarsi, insieme ad una impresa, i lavori di messa in sicurezza. «Abbiamo vinto noi ma alla fine ce ne siamo andati, perché le cose non ci piacevano».
A interpellare questo geometra è stato proprio Gaetano Papagni, il figlio della donna rimasta sotto le macerie. E adesso l’uomo sventola delle fotografie relative agli interventi sulla struttura, e fa accuse pesanti e circostanziate: «Sono stati fatti gravi errori per cui qualcuno deve pagare». Le foto sono quelle dei pilastri pubblicate nella pagina: «Vede quei puntelli? Sono stati messi sotto le travi per mettere in sicurezza dal piano interrato fino al penultimo pianoi. Già dalle foto si evince che il lavoro non è stato fatto a regola d’arte, perché sotto la basetta e sulla testa del puntello andava messa una trave per scaricare i carichi dell’edificio. E’ il cosiddetto “ponte”».
Il palazzo aveva problemi da tempo. Le infiltrazioni si erano verificate in uno scantinato di proprietà privata, chiuso e abbandonato da tempo, e venduto all’asta dopo molti anni. Nel frattempo era stata fatta anche una sopraelevazione, poi condonata. «Questa storia – racconta ancora il nostro geometra - parte nel 2019, quando il vecchio amministratore del condominio interpellò un altro ingegnere: fu fatta una relazione in cui si consigliava di fare immediatamente un intervento. Poi è subentrato un nuovo amministratore e le cose sono cambiate. Ho portato degli ingegneri sul posto con le imprese, abbiamo parlato con chi ha fatto i calcoli strutturali. Quando abbiamo fatto il primo sopralluogo abbiamo visto che Il cemento si frantumava con le mani, il ferro dei pilastri era diventato sottile. E’ una struttura degli Anni ’50. Noi avevamo inizialmente proposto demolizione e ricostruzione, ma gli inquilini sono tutti pensionati e sarebbe stato necessario chiedere un mutuo che non avrebbero avuto. L’altra opzione era ricorrere al Sismabonus, avrebbero dovuto aprire una Scia nel 2019 ma non lo hanno fatto».
E così – dice il geometra – si arriva al nuovo progetto di messa in sicurezza. «Gli inquilini hanno pagato tutti gli interventi e tutti i progetti. A gennaio 2025 il condominio ha fatto una gara d’appalto che era stata aggiudicata a una differente impresa, quella con cui lavoravo io, per 560mila euro. Nel momento in cui dovevamo sottoscrivere il contratto c’è stato un cambiamento e nei fatti ci hanno fatto fuori. E’ spuntata quest’altra impresa che ha offerto 550mila euro accettando condizioni impossibili. A quel punto abbiamo preferito non avere più niente a che fare con questa situazione».
Secondo il geometra ci sono molte responsabilità. «L’amministratore sapeva bene che c’era gente che non era andata via nonostante l’ordinanza di sgombero. Avrebbe dovuto chiudere con un lucchetto il portone di accesso, e consentire l’ingresso solo su appuntamento e solo per pochi istanti. In una situazione compromessa come quella, basta anche sbattere una porta per creare un problema». E quindi cosa è accaduto, perché il palazzo è crollato poco dopo l’avvio delle operazioni di cantiere? «Hanno fatto l’intervento, ma i pilastri erano già in una situazione compromessa. Forse stavano cominciando a togliere i sostegni dai plinti, ma in mancanza di travi di sostegno come abbiamo detto. La prima cosa da fare invece era portare le colonne da 30x30 a 60x60 o 70x70».