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Forse dovremmo tornare a tirar tardi in via Sparano

 
Giovanni Panza

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Giovanni Panza

bari via sparano

Il corso di Bari ha perso carattere e smarrito la sua vera natura

Domenica 29 Gennaio 2023, 16:13

21 Marzo 2023, 16:13

Andavamo su e giù per Via Sparàno. Vasche o struscio: instancabili passeggiate. L’arrivo della zona pedonale promosse l’abitudine paesana. Il rito s’accentuava di sabato e di domenica mattina. Dopo gli anni ‘90 e, poi, via via fino ad oggi, questa main street ha perso la peculiarità di «corso». I negozi sono rimasti, imponenti, ma sembrano inerti. La trasformazione ad altra funzione commerciale del magnifico palazzo di Mincuzzi ha dato un colpo severo alla provincialità affascinante di Via Sparàno che culminava nell’incrocio con l’afrore marinaro all’angolo con il Corso Vittorio Emanuele: un via vai di una vita cittadina da volto umano che fu, prima di diventare la confusa strada qualsiasi di oggi, affastellata di corsie e parcheggi. Dall’altro capo, Via Sparàno trovava la benedizione di un clima più agricolo nella piazza, oggi, detta Aldo Moro. Era questo luogo, con la sua Fontana e il sontuoso prospetto della facciata della Stazione ferroviaria, dislocamento utilissimo agli ozi di tarda sera, quando s’andava ad aspettare l’uscita notturna della Gazzetta e del Paese Sera la cui lettura ci faceva sentire provinciali in senso buono, nel sentirsi, cioè, appartenenti ad una comunità culturale nazionale.

Le mie incursioni baresi e la mia curiosità annidata nel cuore mi consentono di verificare meglio i cambiamenti grazie agli sporadici sopralluoghi, ma sempre attenti e appassionati. Con qualche amarezza ho già avuto modo di costatare che siamo spaesati. Spaesati vuol dire qualcosa di più di disorientati: è uno smarrimento, una sorta di ansia dovuta all’identità periclitante, alla confusione culturale in senso antropologico e alla caduta di specificità.

L’omologazione del corso principale alle strade di tutta Italia e la sua perdita di carattere è solo l’aspetto più evidente del pallore che fa smarrire la natura precipua di Bari. Posso azzardare l’ipotesi che lo struscio, la vasca, la passeggiata si sono ristrette nel salotto televisivo dove ci troviamo in compagnia di milioni di sconosciuti ai quali somigliamo nei gusti, nei consumi culturali, negli stili di vita. Ma, per fortuna, da qualche tempo la televisione ha voluto e scelto Bari come set cinematografico: In questo, mi dicono, fascinoso racconto di immagini, si può ritrovare l’icona della nostra città, quella di cui abbiamo nostalgia quando la lasciamo.

Da ragazzi abbiamo consumato iniziazioni e prime esperienze passeggiando in Via Sparàno e conversando. La pratica assidua e irrinunciabile del confronto aperto, della spicciola dialettica della pigra, ma appassionata conversazione irrobustivano la famigliare solennità dell’esperienza e del confronto. L’assiduità della bell’abitudine ci spingeva alla coscienza della cittadinanza. L’agorà che Via Sparano era diventata sin dall’ottocento, ci serviva a misurare la vita quotidiana, ma anche massimi sistemi come la politica e la passione che, questa, imponeva.

Adesso abbiamo fretta e siamo spaesati. I passeggiatori sono diventati passanti. I cittadini ingombrano i salotti catodici e il viavai inconsulto dei nuovi media droganti e sembrano non riconoscersi né per orientamento né per sensibilità culturali, ma solo in grazie del parlottio di telefonate e messaggi via internet. E la missione alta della civiltà della politica declina nel marasma mediatico di giornali, televisione e informatica. A poco serve invocare la fresca abitudine della “movida” della città vecchia e nuova, animata da futilità consumistica e ozio appannato.

Ho visto, nel tempo andato, aperte sfide e animatissime conversazioni generare maggioranze e battaglie nel tempo lungo dell’ozio pensoso. Il declino del foro fu segnalato del tacere dei comizi: Bari era in, questo, appassionata e i Baresi inclinavano volentieri a confrontarsi con quell’oratoria, a volte spontanea e rudimentale, ma sempre interessante perché era testimonianza della passione dei tempi e, spesso, divertente. Capitava che sullo stesso palco s’avvicendassero oratori di diverso, quando non opposto, orientamento e capitava, il più delle volte, che il pubblico li ascoltasse tutti senza, in questo, testimoniare confusione di idee. In un palinsesto accurato, scandito dagli inni e dalle musiche di scena s’inscenava la sequela dei comizianti. All’ora di cena e, talora, più tardi, quella tribuna si quietava e i più stangachiazz indugiavano per l’ultimo commento.

Era la politica dal volto strapaesano, d’accordo, ma ci si conosceva e la polemica, anche se, spesso, pregiudiziale, conservava aspetti famigliari. Considerando l’instancabile lite e la, francamente, noiosa rissa dei numerosi schieramenti, non più mossi da ideologia, argomentanti uno straccio di bipolarismo compiuto, si va costatando che la freddezza dei cittadini verso la politica, anche nel suo comparto locale, è la conseguenza della mancanza del confronto, del dialogo, della lite benefica. Da una parte gli addetti ai lavori furoreggiano sui giornali e nei salotti buoni, dall’altra gli elettori sono spaesati. Forse dovremmo ritornare a tirar tardi in Via Sparano A proposito chi era questo Sparàno da Bari? Da studente barese, mi sono documentai. Mo ho finito lo spazio. Lo leggerete in un prossimo articolo.

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Michele Mirabella

Lessico Meridionale

Biografia:

Sono stato invitato a scrivere sulle pagine della Gazzetta dal direttore che mi propone di scegliere, ogni domenica, una parola su cui meditare liberamente e scegliere la via dell’etimologia o quella della stimolante riflessione sugli usi del lemma. Nasce così Lessico Meridionale.

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