Lessico Meridionale

Poche chiacchiere italiani, per volontà divina, la domenica si riposa

Giovanni Panza

I nostri connazionali sono professionisti nell’interpretare il calendario nel tentativo di sfruttare al massimo ponti e permessi sindacali

Gli Italiani sono campioni di astuzia «calendariale». Intendo che sono abilissimi professionisti nell’interpretare il calendario nel tentativo di sfruttare razionalizzando, ma, anche «irrazionalizzando» con furbizie e mascalzonate, l’agenda del lavoro al fine di aumentare il numero dei giorni di riposo con finte malattie, ponti autorizzati solo dalla tolleranza dei datori di lavoro, cavilli del regolamento, permessi sindacali, fughe con travestimenti.

Eppure i giorni di riposo sono garantiti dall’equità̀ del Padreterno che, per primo, se ne assicurò l’uso con semplice e santa programmazione. «Così furono compiuti il cielo, la terra e tutte le loro schiere. Avendo, dunque, Dio compiuto nel settimo giorno l’opera, nel settimo giorno si riposò da ogni sua intrapresa, lo benedì̀ e rese sacro, perché́ in esso si era riposato da ogni sua opera. Queste sono le origini del cielo e della terra quando furono creati. (Genesi, 2, 1-4)».

Andate a controllare, prego, (La Bibbia concordata, Mondadori) e ritroverete, insieme all’ansimante prosa della traduzione severa che non concede nulla alle bellezze della lingua, l’asseverativa certificazione che anche Dio si riposò.

O, meglio, e anche San Girolamo deve averlo capito a fondo, dando di piglio alla «vulgata», che Dio il quale non aveva certo bisogno di riposarsi, ha creato il riposo per l’uomo conoscendolo fragile e bisognoso di requie nella fatica modesta a petto di quella del Padre, ma pur sempre fatica del lavoro quotidiano. Quest’interpretazione che, pure, prelevo dall’illustre traduzione in mia mano, ci dice, dunque, che Dio creatore sa già̀, desolatamente, che le creature cadranno in peccato e dovranno guadagnarsi il pane con il sudore della fronte e lo sa prima che Eva si lasci tentare tant’è che predispone il turno festivo nella corvée a cui sa essere destinata la coppia mortale. Da nessuna parte la Bibbia parla di week-end, va da sé, ma il principio fu fatto salvo: gli uomini, lavoratori a tempo determinato o avventizi, impegnati nelle professioni libere, nel cottimo o nel lavoro interinale, statali o parastatali, commercianti o liberi professionisti, operai, contadini, militari e ragazzi, intesi come gli studenti, arrivati a sei giorni di cartellino timbrato a vario titolo, dovranno riposare. Dovranno, badate bene, non potranno.

Il settimo giorno non lavorativo non dipenderà̀ dall’elargizione benevola del datore di lavoro o dalle conquiste sindacali o dai regolamenti ma dalla volontà̀ divina e, quindi, poche chiacchiere: la domenica si riposa. E, almeno nel mondo cristiano, ma, anche, con diverse e più̀ terrene intenzioni, anche altrove si è oziato con vigoroso entusiasmo e con indiscussa devozione fino all’invenzione del campionato di calcio che, prevalentemente giocato di domenica, ha implicato una revisione astuta della scelta divina e molti compromessi dubbi, ma lucrosi.

Per volontà̀ di Dio, dunque, il Sabato ebraico fu sostituito poi, dalla Domenica, giorno del signore, dal latino Dominus, dopo la venuta di Cristo in terra, venuta problematica e non proprio rilassante come ancora testimonia e racconta la festa del Natale. Quest’anno capita di lunedì̀ e, per gli indaffarati contabili, è una sfida. Credo che, sin da ora si siano messi ad architettare un trucco per portare ad un’intera settimana i giorni di riposo e ozio. Passi riposare anche il sabato, ormai è usuale, passi festeggiare Santo Stefano, ma il 27 si torni al lavoro. Dio, che non paga il sabato, ne terrà conto.

Il termine ebraico Shabbat significa, letteralmente, cessare, cioè̀ smettere: smettere le attività̀, non lavorare, non affaticarsi nel senso etimologico della condanna biblica. La domenica, più̀ veniale imposizione del Cristianesimo, sancì̀, però, non gli ozi calcistici, bensì̀ il dovere di rispettare il sacrificio della messa e, con ciò̀, l’implicita ammissione che a Dio si sarebbe dovuto dedicare il riposo e non a pratiche, diciamo così, ludico sportive. Accadde che una moderna normativa europea conceda di spostare il giorno del riposo, della cessazione dalla fatica, dalla domenica ad altro giorno a piacere secondo le convenienze moderne degli stati. Una grossolana idiozia. Sui calendari di tutto il mondo cristianizzato, ma, anche nelle contrade o tra genti laiche e agnostiche, sul calendario compaiono segnati in rosso i giorni di Dio suggeriti dalle vicende astronomiche affascinanti e divine per l’appunto. Dio non paga il sabato suggerisce il nuovo testamento, il sabato o la domenica riposa per far riposare noi, sue creature. Così ha da essere e così sarà̀, spero fino alla fine dei tempi.

Con tutti i pensieri che ha, non vorremo caricare il Padre eterno anche di questo peso: orientarsi tra mille calendari diversi, fantasiosi e miseramente pagani. «Domenica è sempre domenica», come cantava di sabato sera in televisione un signore elegante e distinto alle donzellette del borgo Italia.

Donzellette che cominciavano a non venire più̀ dalla campagna: avevano trovato casa in città e pagavano il televisore a rate lavorando sei giorni a settimana. Quelli stabiliti, non a casaccio.

Privacy Policy Cookie Policy