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Il culto dell'arcangelo nei pressi di via Veneto

Liborio Conca

Il culto dell’arcangelo Michele taglia tutta l’Europa. Spiritualità, miti, leggende e monumenti si fondono in un intreccio che punteggia tutto il Mezzogiorno

Il culto dell’arcangelo Michele, comune alle tre grandi religioni monoteiste, Ebraismo, Cristianesimo e Islam, taglia tutta l’Europa – come a voler ricordare la tradizionale spada attribuita al santo. Una linea immaginaria parte dalla Normandia, Mont Saint Michel, nella Francia occidentale, fino a giungere alla Terra Santa, al Monte Tabor, passando per Monte Sant’Angelo, nel Gargano: il santuario, consacrato secondo la leggenda direttamente da Michele, non è l’unico luogo di culto dedicato all’arcangelo nel sud Italia.
Spiritualità, miti, leggende e monumenti si fondono in un intreccio che punteggia tutto il Mezzogiorno.
Nei dintorni di Rionero in Vulture, a Monticchio, sorge l’abbazia di san Michele Arcangelo, costruita originariamente in una grotta ricavata nel tufo, elemento anche questo ricorrente. Con vista sui laghi, il monastero spicca per il bianco lucente della facciata. A sud est, oltre Matera, un’altra magnifica abbazia dedicata all’angelo, quella di Montescaglioso, anch’essa di origini antichissime.
Qui l’intreccio storico porta ai condottieri normanni che intorno all’anno mille dominavano tutta l’area, e che effettuarono consistenti donazioni ai monaci dell’abbazia. Cavalieri medioevali, conventi arroccati sulle montagne, monaci: visitando questi luoghi può capitare di sentirsi più vicini alle atmosfere immaginate da Umberto Eco nel Nome della rosa.

Elmo, scudo e spada sono gli attributi ricorrenti nell’iconografia che incontriamo nei quadri e nelle statue che raffigurano lo raffigurano: dalla tela seicentesca conservata a Martina Franca nella chiesa del Monte Purgatorio fino ai dipinti più antichi nelle chiese rupestri di Laterza, Putignano, Ceglie Messapica e Gravina in Puglia. Non solo chiese e dipinti, ma anche toponimi: in Puglia c’è un paese, Sammichele di Bari, che porta con sé il nome dell’arcangelo. A Ceglie, la cripta è collocata in una antica via in direzione di Brindisi: tra gli affreschi che resistono si distingue una raffigurazione di san Michele Arcangelo, capo delle armate celesti. A Gravina, una delle tante città di cui l’arcangelo è santo protettore, possono essere ammirate un’antica chiesa rupestre, collocata nel rione Fondovito affacciato sulla gravina, e una statua imponente statua cinquecentesca realizzata da Stefano da Putignano e custodita nella Basilica Cattedrale; anche in questo caso, non mancano storie e leggende tramandate nella tradizione popolare.
A Roma, come scrivevo nella puntata precedente, le statue e i dipinti che raffigurano gli angeli sono visibili in tantissimi angoli della città. Nel corso dei secoli, inoltre, sono state erette e modificate o andate perdute chiese dedicate all’arcangelo Michele: è attestata una basilica sulla via Salaria, risalente al V secolo, mentre la chiesa di san Michele Arcangelo ai Corridori di Borgo venne demolita nel 1939 nell’ambito dei lavori che ridisegnarono (per alcuni sventrarono) le zone antistanti san Pietro.

Per trovare la traccia probabilmente più bella di questa ideale passeggiata tra mito e arte, tuttavia, bisogna fermarsi nella chiesa di Santa Maria della Concezione, alle pendici di via Veneto. Qui nella prima cappella a destra è conservato il san Michele arcangelo di Guido Reni, tra i più importanti artisti del barocco. L’angelo, il volto dai tratti femminili, una lucente armatura turchese indosso, è ritratto con la spada rivolta verso Satana, mentre con la mano sinistra regge la catena che stringerà il demonio.
Tra tanta bellezza un aneddoto riguarda proprio il volto del diavolo ritratto da Reni con le sembianze del cardinale Giovanni Battista Pamphilj, il quale aveva osato parlar male dell’artista bolognese.
Quando divenne papa con il nome di Innocenzo X, Pamphilj non poté far altro che specchiarsi nel volto calpestato dall’arcangelo.

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