Roma Sud
Ma il Bari ha ceduto all’uomo migliore
Claudio Ranieri ha appena vinto ma sente il bisogno di redarguire i suoi tifosi per mancanza di sportività
Sono passati un paio di giorni, con nel mezzo l’enormità mediatica del lutto più ingombrante che potesse piombare in Italia, ma le immagini di domenica sera - il San Nicola strapieno, illuminato e pronto per una festa infine sottratta - sono ancora fresche, e dolorose per quello che poteva essere e non è stato.
Bari - Cagliari l’ho vissuta in televisione e a voce alta commentavo, man mano che passavano i minuti, e il Bari mancava qualche occasione, e il Cagliari se ne stava acquattato e sornione, e poi pure il palo e l’acquazzone a bagnare casacche, prato e tifosi: occhio, dicevo. «Occhio», e non perché volessi tirarla o fare il saputone, ma perché come tanti - ma forse non come tutti - avevo ben presente la figura di quel signore sulla panchina dei sardi, un uomo distinto e che dimostra da sempre qualche anno in più rispetto a quelli che effettivamente ha (José Mourinho più di dieci anni fa, lo chiamò, sprezzante e di certo poco grazioso, volendogli dare del bollito, «settantenne»; quel signore settant’anni li ha adesso, e bollito non lo è manco per scherzo).
Un allenatore dalle mille battaglie, condite da una manciata di imprese. E se è lampante che avremmo voluto commentare un finale diverso, se facessimo lo sforzo di contare fino a dieci e smaltire la delusione (facciamo fino a venti? A trenta? Fate voi), allora concluderemmo in tutta onestà che se proprio sconfitta doveva essere, sia pure in questa modalità calcisticamente horror, be’, lo è stata contro la persona con cui valeva la pena farlo. Testaccino doc, Claudio Ranieri, talmente tanto da meritarsi un soprannome che più testaccino non si può: Er Fettina, perché il papà, il sor Mario, possedeva una macelleria nel cuore del quartiere popolare che costeggia il Tevere, al di qua di Porta Portese. Da quelle parti è molto probabile crescere con la Roma nel cuore, considerando che lo storico campo dove i giallorossi disputarono i primi campionati sorgeva proprio a Testaccio (a progettarlo fu Silvio Sensi, il padre del futuro presidente della Roma Franco); e fu proprio con la Roma che il giovane Claudio esordì in serie A, negli anni Settanta. Da Roma si trasferì prestissimo a Catanzaro, dove ottenne una promozione dalla B e si guadagnò il record tutt’ora imbattuto di giocatore con il maggior numero di presenze in serie A per la squadra calabrese.
Quella di Catanzaro, da giocatore, fu l’unica promozione nella massima serie. Da allenatore, Ranieri - uno di quei tecnici che si usa definire giramondo, a vedere il numero di club allenati tra Italia, Spagna, Grecia e Inghilterra - ne ha ottenute tre; l’ultima sappiamo come e quando. Trent’anni fa, la prima, sempre a Cagliari; e poi con la Fiorentina, a metà anni Novanta, con il lusso di allenare in B un certo Gabriel Batistuta. Era l’ottobre del 1993 e al San Nicola i viola di Ranieri passarono contro il Bari guidato in attacco da Protti e Tovalieri; io c’ero.
Ha guidato anche Inter, Juventus e l’amata Roma, rischiando di spezzare il triplete di José Mourinho; ma l’impresa che gli vale la leggenda è quella di Leicester, quando nel 2016, con una squadra neopromossa, vince in maniera inaudita la Premier League contro le corazzate che dominano il calcio europeo da anni.
E adesso mettiamo in fila l’ultimo destino del sor Claudio. Quest’anno il Catanzaro è tornato in B, il Leicester è scivolato invece nella seconda divisione inglese, sancendo la fine definitiva del ciclo d’oro culminato con la vittoria del 2016. E lui ha riportato il Cagliari in A, passando, ahinoi, dal San Nicola. Ma guardando le immagini di un allenatore che ha appena vinto e sotto la pioggia sente il dovere di redarguire i propri tifosi per mancanza di sportività, invitandoli ad applaudire gli avversari, sconfitti; ecco, riguardando quelle immagini, contando fino a dieci viene sì da pensare che se proprio dovevamo perdere, abbiamo perso contro l’uomo migliore con cui farlo.