Roma sud
Il grande Mennea, sogno collettivo
È sempre dura fare classifiche quando ci sono di mezzo gli eroi, ma può capitare di leggere o sentirsi dire che Pietro Mennea sia stato il più grande sportivo italiano di tutti i tempi, e non è una teoria così facile da confutare.
«Ecco Mennea prodursi in un allungo in curva... lo vediamo correre davanti in seconda corsia... sulla dirittura d’arrivo si presenta in testa Ommer... si distende, si distende Mennea in una magnifica galoppata, una galoppata rampante che gli dà la vittoria! Mennea vince davanti a Ommer, terzo è Bombach... 20 e 6 il risultato, magnifica vittoria mentre esplode lo stadio per questo successo che il giovane velocista di Barletta, la Freccia del Sud ha voluto regalarci con autorevolezza».
Roma, stadio Olimpico, estate 1974: Pietro Mennea vince la medaglia d’oro ai Campionati europei di atletica leggera e comincia il proprio ingresso nella leggenda, dopo gli inizi con l’Avis Barletta e l’approdo a Formia con il tecnico Carlo Vittori. Tre giorni prima del trionfo nei 200, l’assalto ai 100 era stato respinto dal campione sovietico Valery Borzov, e così il ventiduenne Mennea aveva dovuto accontentarsi dell’argento; ma nella gara più lunga ecco Pietro distendere la falcata, in una corsa leggera come il vento, bellissimo prequel delle vittorie che raccoglierà negli anni a venire, dagli europei di Praga 1978 (dove vinse sia nei 100 che nei 200) fino alle olimpiadi di Mosca 1980.
È sempre dura fare classifiche quando ci sono di mezzo gli eroi, ma può capitare di leggere o sentirsi dire che Pietro Mennea sia stato il più grande sportivo italiano di tutti i tempi, e non è una teoria così facile da confutare. Accade a certe figure di incarnare lo spirito di un’epoca, farsi sogno collettivo in una visione da tramandare, e a dieci anni dalla scomparsa il mito di Mennea rimane intatto. Rivedere le immagini, a colori ma ormai sgranate dal tempo, di gare corse quaranta o cinquant’anni fa e provare o riprovare la stessa emozione. Sentire il racconto dell’impresa dalla voce di Paolo Rosi, l’ex giocatore di rugby diventato telecronista, e quella poesia fulminante racchiusa nelle parole «si distende, si distende Mennea», a un lampo dal traguardo nel boato dell’Olimpico.
Quanto a memoria, poi, Mennea può contare su una sfolgorante collezione di dediche. Al Foro italico di Roma gli hanno intitolato lo stadio dei Marmi; ed è su questa pista che si allena spesso Marcell Jacobs, il velocista che ha portato all’Italia la medaglia d’oro nei 100 nel corso delle ultime olimpiadi di Tokyo. All’Olimpico si corre il Golden Gala, gara annuale di atletica tra le più importanti in Europa, intitolata dal 2013 a Mennea. La Federazione italiana di atletica leggera lo ricorda con il Pietro Mennea Day.
Da brava freccia quale era, a Mennea hanno intitolato un treno e un aereo. È finito in una manciata di film, da Febbre da cavallo a L’uomo in più, e specialmente in una bellissima canzone di Samuele Bersani, Che vita!, negli ironici versi «Pietro Mennea e Sara Simeoni / son rivali alle elezioni», riferendosi alle biografie a un certo punto politicamente divergenti dei due atleti. Fu proprio Sara Simeoni, alla morte del campione, a ricordarlo con le parole che si riservano ai sogni quando s’infrangono. «Se n’è andato un pezzo della mia vita. È un momento di tristezza incredibile, per me che ho vissuto anni bellissimi insieme a Pietro allenandoci fianco a fianco, sopportando gli allenamenti insieme. Ci facevamo coraggio».
Dal 2013 Pietro Mennea riposa nel cimitero Flaminio di Roma, non distante da altre leggende italiane venute dal Sud, come Domenico Modugno e Renato Carosone.