Albergo Italia

Hotel Laurin a Salò tra storia e futuro

Barbara Bonura

Emigrato in Argentina, Riccardo Simonini, diventò famoso per la ricchezza. Poi il rientro in Italia

C’era una volta un purosangue salodiano, ultimo figliolo di una famiglia numerosa che dal suo luogo natìo, Salò appunto, decise un giorno di andare a cercare fortuna (siamo nell’Ottocento). Parti quindi per Genova dove si imbarcò sulla prima nave diretta verso «Le Americhe».

Approdò a Buenos Aires e si trovò presto un impiego modesto, in un’assicurazione con rispettiva banca.

Trattandosi di personaggio molto «smart», brillante e capace, riusci a diventare proprietario della banca e della compagnia di assicurazioni per cui lavorava: Riccardo Simonini, il salodiano doc, sarebbe rimasto famoso nel tempo per aver toccato picchi di ricchezza sorprendenti.

Con grande senso degli affari cominciò ad investire nella pampas, comprò tantissima terra colonizzando la zona. Inoltre si industriò per chiamare moltissime persone dalle zone da cui proveniva. Da quel Garda che allora era sul filo del confine austriaco.

Anche la famiglia della sua futura moglie decise di lasciare la patria per andare a Buenos Aires. Fu così che Isabella conobbe Riccardo Simonini e l’amore fu subito coronato dal matrimonio.

Uomo ormai facoltosissimo, Riccardo, che aveva comunque interessi in Italia, decise di riportare la famiglia «a casa». Tornò a Salò e costrui una villa spettacolare cui diede il nome della moglie: Villa Isabella.

La Villa, oggi Hotel Laurin, adagiata sulla costa del lago di Garda, è uno degli esempi meglio conservati del Liberty floreale in Italia. Un mix perfetto tra il fascino della storia e la modernità.

«La mia famiglia ha riportato alla vita questo luogo splendido che per lungo tempo era rimasto abbandonato – racconta Paolo Rossi, proprietario d’hotel e testimone della terza generazione di albergatori iniziata dal nonno –. Operando ai primi del Novecento, Simonini fu avveniristico perché costrui la villa in cemento armato, come già accadeva a Buenos Aires, ma non da noi! Inoltre la fece affrescare dai pittori in voga in quel periodo, tra cui Angelo Landi, lo stesso che aveva ristrutturato Pompei. Durante la seconda guerra mondiale fu sede di quello che venne considerato il ministero degli Esteri, ma fu periodo breve. La villa nel tempo fu molto danneggiata. Noi entrammo in gioco negli anni Sessanta: mio nonno era già del mestiere. Ricordo che mio padre aveva giurato che non avrebbe mai scelto di fare l’albergatore. E invece comprò l’immobile trasformandolo nell’hotel Laurin. Come esempio di liberty, la villa è senz’altro la numero uno in Italia. Nell’ultimo restauro che abbiamo fatto, di tipo conservativo, abbiamo voluto riportare ancor più alla luce la sua bellezza straordinaria».

Luogo amatissimo da una clientela mitteleuropea, frequentato da molti inglesi, era la meta preferita del celebre critico cinematografico del Corriere, Giovanni Grazzini, che trascorreva spesso all’hotel Laurin i suoi fine settimana. Nel clima ovattato di protezione e grande discrezione, la sensazione è quella di essere a casa senza essere a casa. Come recita il detto british: A good home away from home.

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