Il caso

Taranto, operaio dimenticato a 70 metri d'altezza: le sue urla attirano i soccorsi

Redazione online

This browser does not support the video element.

Stava lavorando sul tetto di un capannone per la costruzione dei parchi minerali dell'ex Ilva

TARANTO -  Un lavoratore di una ditta d’appalto è stato «dimenticato per quasi 3 ore sul tetto del capannone della struttura adibita alla copertura dei parchi minerali» dello stabilimento ArcelorMittal di Taranto. E’ quanto denuncia il coordinatore provinciale dell’Usb di Taranto Francesco Rizzo, sostenendo che «le sue grida hanno attirato l'attenzione di alcuni lavoratori della Manutenzione Nastri che hanno immediatamente avvisato chi di dovere. Successivamente il lavoratore è stato recuperato».
Il sindacalista ha postato sul suo profilo Facebook anche un video, probabilmente girato da un operaio dello stabilimento che esclama: «Ma come si trova là da solo?». Nelle immagini si vede un lavoratore sul tetto della struttura, a decine di metri di altezza. Nella zona vengono ripresi anche alcuni Vigili del fuoco del distaccamento interno allo stabilimento, e un’ambulanza. 

L'ACCUSA DEI SINDACATI -  Quanto accaduto nel cantiere per la copertura dei parchi minerali dello stabilimento ArcelorMittal di Taranto, con un operaio della ditta d’appalto lasciato sul tetto, a 70 metri d’altezza, e recuperato dopo circa tre ore, per il sindacato Usb si configurerebbe come «near miss» (mancato incidente sul lavoro). L’azienda «continua ad operare - sostiene il coordinatore provinciale Usb, Francesco Rizzo - ignorando totalmente il dialogo con i sindacati ed evita anche di comunicare quanto avvenuto nelle ultime ore», nonostante «lo stato di precarietà - afferma - in cui versa lo stabilimento ArcelorMittal e non soltanto per ciò che riguarda gli impianti di produzione. Ormai le condizioni sono critiche, specialmente per i lavoratori, costretti a consumare il proprio tempo nella lotteria quotidiana della sopravvivenza in cambio di veleni e cassa integrazione».
Secondo Rizzo, «non soltanto la famiglia Mittal specula sul mercato italiano, ma spreme senza vergogna ciò che resta dello stabilimento fino a renderlo inutilizzabile, conducendolo alla paralisi totale, lasciando alla deriva ogni strumento necessario e mettendo costantemente a dura prova la credibilità offertagli da un Governo troppo distratto. Si avvicina inesorabilmente il punto di non ritorno».

Privacy Policy Cookie Policy