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Viaggio nella storia: ecco lo «Zigofisetere» custodito a Lecce

Toti Bellone

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È l'antenato del capodoglio e alberga in una delle sale del Maus, il Museo dell’ambiente dell’Università del Salento, allocato all’interno del complesso Ecotekne di via Monteroni

LECCE - L’antenato del capodoglio, il cetaceo che da adulto può raggiungere i 16 metri di lunghezza, alberga in una delle sale del Maus, il Museo dell’ambiente dell’Università del Salento, allocato all’interno del complesso Ecotekne di via Monteroni. Non si tratta, tuttavia, di uno degli esemplari oggi presenti in tutti gli Oceani, bensì appunto del suo antenato, il “zygophyseter varolai”, vissuto circa nove milioni di anni fa anche nelle acque salentine. Più esattamente, dello scheletro di oltre sei metri di lunghezza, rinvenuto a pezzi nel 1988 in una cava di tufo di Cavallino, dal paleontologo dell’allora Università di Lecce, Angelo Varola, il docente da cui ha preso il nome.

Unitamente alla riproduzione tridimensionale, appesa al soffitto come per simularne il nuoto, la grande teca nella quale è contenuto, è stata inaugurata dal rettore Fabio Pollice e dal direttore del Maus, Piero Lionello.

Assemblato con un certosino lavoro di microscavo e restauro, dopo l’estrazione dai numerosi di blocchi di pietra in cui era contenuto, dallo stesso professore Varola, sul “prezioso” fossile, si sono successivamente concentrati gli studi dei due esperti paleontologi dell’Università di Pisa, Giovanni Bianucci e Walter Landini, i quali hanno stabilito che il “zygophyseter varolai”, appartiene ad un inedito antenato dell’attuale capodoglio, il “physeter macrocephalus”, vissuto proprio nove milioni di anni fa.
Lo scheletro che ora campeggia nel Maus, è considerato un fossile eccezionale, perché è l’unico e più completo reperto mai rinvenuto della specie ”fiseteroidei”, il gruppo di cetacei molto diffuso e diversificato nel passato ed attualmente rappresentato da tre parenti superstiti: il grande capodoglio, ed in termini di lunghezza e peso, i più piccoli ”cogia di Blainville” e ”cogia di Owen”.

Lo ”zigofisetere”, era un cetaceo lungo sino a sette metri, dotato di robusti denti nella mascella superiore e nella mandibola, che gli consentivano un morso paragonabile a quello degli attuali squali bianchi e dell’orca, e come questi, un predatore all’apice della catena alimentare. Tutto il contrario degli odierni capodogli e cogia, che si sono invece specializzati nella cattura di piccole prede, soprattutto polpi e calamari, perdendo nel tempo parte dei denti.

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