Alla Camera di Commercio

Baresi, persone e personaggi con un orizzonte europeo: il primo incontro del ciclo «è Bari»

Carmen Palma (foto e video Donato Fasano)

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All’appuntamento hanno partecipato Patrizia Calefato, il regista Alessandro Piva, don Franco Lanzolla, Giuseppe Cozzi, presidente Confcooperative Bari e Bat e l’attrice Tiziana Schiavarelli

BARI - Raccontare l’archetipo del barese è una sfida. Soprattutto in questi anni di trasformazioni e fermenti culturali, in cui l’immagine del cittadino medio si è evoluta sotto ogni punto di vista. È stato questo il tema del primo talk di «È Bari. Impressioni Origini Desideri», il ciclo di incontri organizzato dalla Gazzetta del Mezzogiorno in collaborazione con la Camera di Commercio di Bari, che ha preso ufficialmente il via ieri pomeriggio, nel Salone Grande dell’ente barese.

All’appuntamento hanno partecipato Patrizia Calefato, docente di Sociologia e Sociolinguistica dell’Università di Bari, il regista Alessandro Piva, don Franco Lanzolla, rettore della Cattedrale di Bari, Giuseppe Cozzi, presidente Confcooperative Bari e Bat e l’attrice Tiziana Schiavarelli. Ha moderato Ninni Perchiazzi, capo della Cronaca di Bari e Bat della Gazzetta.
«L’imprenditoria del barese è ambiziosa, consapevole di essere un’eccellenza nel Sud Italia che, tuttavia, ancora stenta a studiare» ha osservato Cozzi. «Ci manca un pezzo di cultura dell’impresa. Basti pensare che la signora delle orecchiette, da quando fa lo scontrino fa notizia, mentre dovrebbe arrivare essere la cosa più naturale del mondo. Mi aspettavo che tutta la strada si adeguasse. Inoltre, Bari oggi sta riscoprendo di essere una città sul mare. Ci vorrebbe la nascita di un’imprenditoria legata a questo settore che non può essere improvvisata».

Don Franco ha il suo osservatorio principale e speciale nella Città Vecchia, testimone della sua evoluzione, da luogo periferico a cuore della città, anzi, una «città nella città», come l’ha definita. «Sono venuti i turisti a dirci che Bari Vecchia ha una sua identità. Oggi è il centro turistico, il centro della movida, ma è anche il centro dove gli anziani vengono sfrattati per fare posto ai b&b. Oggi è un albergo diffuso, ieri una società di tipo matriarcale. Il turismo è arrivato in maniera selvaggia ma non si riesce a fare sistema. Però c’è un sistema educativo che resiste, e in questo vedo un’energia sana».

La prof. Calefato si è soffermata sul concetto di «apparire» che appartiene ai baresi, non solo nell’abbigliamento ma soprattutto nel loro «senso di dignità», che trascende le classi sociali e il genere. «È in quel senso di dignità - ha raccontato - che il cittadino barese vuole affermare sé stesso. Quella dignità ce la siamo meritata, adesso però serve fare rete tra le persone, i quartieri, le culture. Cedere all’individualismo senza rinunciare a quell’orgoglio un po’ teatrale tipico dei baresi».
«Nei nostri spettacoli raccontavamo una Bari che oggi non c’è più, personaggi che osservavamo nella strada - ha ricordato Schiavarelli, protagonista in teatro ma anche televisione e cinema (era lei la signora Nina de «LaCapaGira») -. Il barese doc non esiste più, nel centro storico la tipicità è diventata un fattore di spettacolo e un po’ si è allontanata dalla realtà. Nonostante ciò, identifico ancora il barese nel suo modo di esprimersi, sempre caldo e generoso».

A 25 anni dal successo de «LaCapaGira», Bari non è più quella città buia che Alessandro Piva osservava dalla strada. Oggi la si guarda da tante angolazioni, e raccontarla è difficile. Una cosa però è ancora certa per il regista: «Bari o si ama o si odia. E questa, per me, è la stagione della vita in cui la amo di nuovo. Dobbiamo raccordare però le varie isole della Città Metropolitana, dare loro un’identità, puntare su temi storici e culturali destinati ai turisti e ai cittadini». 

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