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«Blitz» Coldiretti in porto a Bari per difendere il made in Italy contro invasione prodotti stranieri

Redazione online (video Donato Fasano)

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Gli agricoltori sono saliti sui gommoni e hanno avvicinato le navi al grido di No Fake in Italy

BARI - Blitz della Coldiretti nei porti di Salerno e Bari per difendere il made in Italy dall’invasione di prodotti stranieri. Le operazioni sono ancora in corso, con gli agricoltori che, una volta saliti sui gommoni, hanno avvicinato le navi al grido di 'No fake in Italy' lanciato durante la mobilitazione al Brennero di qualche mese fa. 'Stop falso cibo italiano' e 'Basta import slealè alcuni degli slogan esposti dalle imbarcazioni. Obiettivo: «rilanciare ancora una volta la richiesta della revisione del criterio dell’ultima trasformazione del Codice doganale sull'origine dei cibi - afferma l’associazione - quello che oggi permette il furto d’identità dei nostri prodotti made in Italy e fa vendere come italiano un prosciutto fatto con cosce di maiale provenienti dall’estero».

A parlare nel nostro video è Luigi Scordamaglia, amm. Filiera Italia responsabile mercato Coldiretti.

Andrea Suriano, produttore

«Come Coldiretti - ha rilanciato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini dall’audizione al Senato dove è intervenuto sul tema Dl agricoltura - oggi siamo ai porti di Bari e Salerno contro le importazioni sleali fatte con lo sfruttamento dei lavoratori cinesi o senza rispettare gli standard europei. Vogliamo che venga rimesso in discussione il principio del codice doganale sull'origine dei cibi, dove ciò che conta è solo l’ultima trasformazione. Bene che il ministro Lollobrigida abbia aperto a questa possibilità. Riteniamo che non può e non deve essere l’ultima trasformazione, ma il prodotto che viene utilizzato, che ne deve esaltare quella che è l'italianità».

A Salerno è arrivata la nave nei pressi del porto con 40 container di concentrato di pomodoro cinese. Il 90% destinato all’esportazione viene dai campi della regione dello Xinjiang, dove verrebbe coltivato grazie al lavoro forzato degli uiguri. Un fenomeno denunciato dalle associazioni per il rispetto dei diritti umani.
A Bari, invece è arrivata una nave carica di grano turco di cui si erano perse le tracce dopo che aveva lasciato la Tunisia.

LE ASTE TURCHE AFFOSSANO I PREZZI DEL GRANO

«Le aste turche del frumento affossano ancora i prezzi del grano pugliese con il crollo del prezzi che scendono a 320/350 euro a tonnellata, mentre nei porti pugliesi continua il via vai di navi mercantili provenienti dalla Turchia. Si tratta di valori che portano la coltivazione sotto i costi di produzione, rendendola di fatto antieconomica ed esponendo le aziende agricole al rischio crack, soprattutto nelle aree interne senza alternative produttive». Così il direttore regionale di Coldiretti Puglia Pietro Piccioni in occasione del blitz degli agricoltori dell’associazione che con gommoni e barche a vela oggi nel porto di Bari hanno circondato la 'nave fantasmà Alma carica di grano turco. Nave, sostiene Coldiretti, di cui si erano perse le tracce dopo che aveva lasciato la Tunisia, da cui pare sia stata respinta, e toccato le coste greche per arrivare nel capoluogo pugliese. Una mobilitazione a difesa del Made in Italy per «impedire - spiega Coldiretti - che vengano spacciati come pane e pasta italiani quelli ottenuti con grano importato». Con le quotazioni «scese ampiamente - denuncia Alfonso Cavallo, presidente di Coldiretti Puglia - al di sotto dei costi di produzione e la campagna di raccolta appena avviata, a rischio è la sopravvivenza di 38mila aziende agricole in Puglia, il Granaio d’Italia, con l’aumento della dipendenza dall’estero». Secondo Cavallo «sotto accusa ci sono gli accordi gli accordi di libero scambio europei per cui vanno fermate le importazioni sleali, introducendo con decisione il principio di reciprocità per fare in modo che tutti i prodotti che entrano nell’Unione rispettino gli stessi standard dal punto di vista ambientale, sanitario e del rispetto delle norme sul lavoro previsti nel mercato interno. Ad aumentare sono anche gli arrivi dalla Turchia sulla quale grava peraltro il sospetto di triangolazioni dalla Russia».

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