Un posto al cuore
Conoscere se stessi per incontrare l’amore
Ecco le risposte ad un uomo che si è scoperto incapace di mantenere una relazione stabile
Cara Lisa,di professione sono architetto, ho quasi quarant’anni. Lavoro bene, non posso lamentarmi, tanti miei amici e colleghi hanno molte meno soluzioni rispetto a quelle che io sono riuscito a trovare.
La mia vita sentimentale invece… un disastro ! Per diversi anni ho avuto una relazione con una collega, ma non eravamo davvero coinvolti, nessuno dei due. Io lo sapevo, lo sentivo, però pur di avere una compagnia sono andato avanti, sopportando buone dosi di noia e tanta perplessità. Se devo essere onesto, penso che restavo con lei per non stare da solo, per avere una compagnia, non volevo essere single perché tutti intorno a me, colleghi, amici, erano in coppia e io non volevo mostrarmi da meno.
Il coraggio di chiudere lo ha trovato lei, si è innamorata di un altro, «innamorata per davvero» mi ha detto quando mi ha lasciato. E io mentre la ascoltavo e la capivo (perfettamente) mi sono sentito un vigliacco. Sono un bell’uomo, così mi dicono, io mi guardo nello specchio e non lo vedo, non mi piaccio. Ho avuto altre piccole avventure, due, d’estate, ma senza mai portarle avanti, mai convincermi. Il fatto è che non provo emozioni; non è soltanto che nessuna donna mi piace veramente, è che niente mi fa sussultare per davvero. Niente.
Ho anche pensato di rivolgermi a uno psicologo, ma poi rimando, mi butto a lavorare, ogni tanto online sto per cliccare il tasto per iscrivermi a “Tinder”, poi lascio stare: mi vergognerei con me stesso di cercare l’amore sullo schermo di un computer.
Però sono molto giù, questo ormai lo so; non riesco ad appassionarmi a nessuna ragazza, donna, a nessun essere umano. Forse la mia è una forma di depressione ? O una paura di vivere, di buttarmi con coraggio in una relazione? Passa il tempo, sono single, tutti mi guardano con sorpresa e forse con disapprovazione, come fosse colpa mia. E io sempre più mi sento il cuore pesante, chiuso, e non so che fare.
Caro G., la sensazione, leggendoti, è che non sei contento di te: affatto, e che questa scontentezza da te sia vissuta come un tormento, una specie di maledizione. Sei un bell’uomo, ti dicono, ma chissà fino a che punto non solo tu ti senti di esserlo, anche quanto la cosa ti interessa. Soddisfatto della riuscita nel lavoro, ma solo perché su quel fronte hai raggiunto dei buoni risultati, concreti, e perciò ti senti più sicuro. Eppure, lo sai tu per primo, nella sfera dei sentimenti le cose funzionano diversamente.
Amare è un’altra faccenda, un gioco interiore per certi versi molto più intricato di quello dell’affermazione professionale. In amore non basta dimostrarsi « capaci », le cose non sono solo performative, non si tratta di meri risultati da raggiungere. Bisogna anche sentirsi bene con se stessi, per aprirsi a qualcuno, incontrare qualcuno, innamorarsi di qualcuno. La fiducia che hai in te su questo fronte è molto scarsa, fragile, forse non c’è proprio. Chieditelo, affronta la domanda. Già, perché a sentire di questa tua incapacità a innamorarti, la domanda che sorge a me è: come e quando succede di cominciare a sentirsi degni di amore? Perché a certi di noi unirsi a un’altra persona e incontrare la reciprocità dei sentimenti succede in modo facile, naturale, spontaneo, e per altri invece è un orizzonte cui si aspira con difficoltà? Quando, a che punto della nostra vita prende o non prende forma la certezza della possibilità di poter essere amati, e prima ancora quella di potere e sapere dare amore? Difficile dirlo.
Certe volte è un genere di fiducia e di amor proprio che si legano a fatti antichi, dipendono da cose avvenute nell’infanzia, episodi ed eventi di cui la nostra memoria non arriva a ritrovare la traccia. Altre volte, quella stessa fiducia dipende da sguardi dai quali ci siamo sentiti accolti e apprezzati, sguardi che per come ci hanno guardato ci hanno fatto del bene, sguardi dai quali ci siamo sentiti compresi, accettati. Altre volte ancora, alla radice sta un istinto di reazione alla mancanza di quegli stessi sguardi, una sorta di autodifesa, un egocentrismo «di reazione» (essere un po’ solipsisti perché mai ci si è sentiti voluti bene per davvero).
Come che sia, tu non ti apprezzi né ti ami abbastanza per potere incontrare amore. Pensaci su: magari, ora che comincia l’anno nuovo ed è tempo di propositi, sforzati di amarti un po’ di più, meglio, con maggiore pazienza e amorevolezza. Sii gentile con te stesso, non tanto guardandoti di più allo specchio (sebbene quello anche può contare), quanto ascoltandoti in profondità. Troverai magari quel bisogno di tenerezza e compagnia intima e vera che sinora non hai mai sentito. Molte volte le voci dei nostri bisogni più urgenti le seppelliamo in strati di noi stessi tanto nascosti da non riuscire ad ascoltarle, silenziate come sono da noi per primi. Trovando maggior amor proprio quelle voci le si possono ascoltare. E sentire i bisogni del cuore è una forza: ci rende più dolci, più aperti, più delicati. Da aperture così la vita trova spiragli per raggiungerci, la vita come arte dell’incontro, possibilità infine di innamorarci, rinascere.
Non abbatterti, invece prenditi il tempo per ascoltarti meglio. Sono sicura che troverai molte risposte, promesse di cambiamenti che sono molto vicini.
Buon anno.