taranto

Sei anni di carcere al nonno pedofilo

La Cassazione ha confermato la sentenza di condanna

Francesco Casula

La corte di Cassazione ha confermato la condanna a sei anni di carcere nei confronti di un pensionato di 74 anni accusato di aver abusato ripetutamente della nipotina che all’epoca dei fatti aveva soltanto sei anni.

La Suprema corte ha quindi reso definitiva la sentenza emessa il 26 ottobre 2016 dalla Corte d’appello di Taranto: per l’uomo, quindi, potrebbero presto aprirsi le porte del carcere per l’esecuzione della pena.

Nel procedimento penali, in ogni grado di giudizio, l’uomo si è sempre proclamato innocente affermando di non aver mai abusato della nipote e che il rapporto conflittuale con sua figlia (e madre della piccola) era stata la causa scatenante della calunnia.

Una versione ritenuta non attendibile dai giudici dei tre gradi che hanno invece sempre creduto alla versione della nipotina. La piccola, secondo le dichiarazioni rese agli inquirenti, veniva accompagnata dai nonni quando la mamma era al lavoro che si assentava anche per diversi giorni: secondo le accuse rivolte all’imputato, questi si sarebbe infilato in più circostanze nel lettino della bimba mentre la nonna dormiva nella stanza accanto e non sospettava nulla. La bambina, però, avrebbe infine trovato il coraggio di confidarsi con la madre che ha rotto ogni legame con i genitori e denunciato il proprio padre alla polizia. Insieme alla piccola, infine, ha deciso di costituirsi parte civile nel processo attraverso i legali Luigi Esposito e Maurizio Dinoi.

Il 5 dicembre 2014 al termine del processo di primo grado, il tribunale ionico condannò l’anziano a otto anni di reclusione: all’epoca, oltre che per la vicenda squallida, la notizia destò scalpore anche perché il tribunale emise un verdetto che andava ben oltre la richiesta del pubblico ministero Giovanna Cannarile che aveva chiesto «solo» sei anni di reclusione per l’imputato. Il suo difensore, l’avvocato Luca Balistreri, presentò ricorso contro la condanna e riuscì a ottenere uno sconto di pena: all’esito infatti del secondo grado di giudizio la pena fu ridotta a sei anni di carcere. Durante il processo dinanzi alla Corte d’appello, evidentemente, l’avvocato Balistreri dimostrò che la pena era sproporzionata rispetto alle accuse mosse nei confronti dell’imputato. Nelle scorse ore la vicenda è giunta dinanzi alla Corte di Cassazione: i giudici romani ancora una volta hanno ritenuto credibili le dichiarazioni della bambina confermando irrevocabilmente la condanna a sei anni nei confronti dell’uomo.

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