cultura che sparisce

La «Gilgamesh» chiude ancora una libreria in meno a Taranto

Putignano: «Internet ci ha fatto male limitando l'attenzione dei lettori»

di ALESSANDRA CAVALLARO

TARANTO - La libreria di Miriam ha chiuso. Sì, perché la «Gilgamesh» è per tutti la libreria di Miriam, 17 anni di attività senza interruzione. «Io mi sono laureata in lettere a 23 anni, ho fatto qualche lavoretto e poi ho iniziato qua». Praticamente una vita da libraria, a seminare cultura. La decisione di chiudere è stata presa in estate, poi non è facile da dismettere una libreria, ci vuole tempo, e Miriam si è presa il tempo utile a distaccarsi da una creatura, e metabolizzare l’idea di essere ad un giro di boa. Non c’è un motivo che l’ha spinta a prendere la decisione di abbassare la saracinesca, di certo c’è un fattore strettamente economico, legato al fatto che il mondo dei lettori è cambiato, ma ci sono anche delle cause connesse alla città. «Se oggi qualcuno mi chiede cosa è successo io rispondo “Nulla in particolare” - spiega -. Partiamo da un presupposto, i lettori ora sono dirottati su web, Amazon, e questo è un dato. Poi abbiamo sofferto la concorrenza delle grandi catene. Ma c’è un altro dato sul quale riflettere: la Puglia nel 2017 era all’ultimo posto per numero di libri letti, se a questo aggiungi che Taranto in rapporto agli abitanti ha pochi lettori, ecco che andare avanti diventava difficile».

Miriam ha praticamente dovuto fare solo i conti con la realtà. «Non mi sento sconfitta, anzi, ho fatto tutto quello che ero capace di fare - aggiunge -. Si è chiuso un ciclo certo, ma in questo momento mi ricordo tutte le cose che abbiamo fatto qui dentro. Forse non tutti lo sanno, ma la mia è stata la prima libreria a prevedere una zona per gli eventi, presentazioni, corsi, ed ora ripenso a chi ha portato qui il suo primo libro, persone con cui ancora mi sento dopo anni».

Miriam Putignano non ha rimpianti particolari. «Forse solo qualche autore che avrei voluto in libreria e mi ha detto no - argomenta -. Roberto Saviano, ecco forse lui. Lo andai ad ascoltare a Brindisi ai tempi di Gomorra, mi piacque molto, ci accordammo per presentare il libro da me, ma poco dopo finì sotto scorta e non se ne fece più nulla». Però un dispiacere ce l’ha Miriam. «Avrei voluto un coinvolgimento più fattivo da parte delle scuole». E poi c’è la questione dell’educazione alla lettura. «Si regalano sempre meno libri, è stato un processo che ho visto da vicino, ed è stato irreversibile - ragiona Miriam -. Il libro è un dovere, soprattutto per i ragazzi, e da questa logica non se ne viene fuori. Da qui parte un meccanismo maledetto, ovvero che le idee circolano poco, e quel poco è sui social». I social appunto, che hanno impoverito il dibattito culturale. Su questo Miriam ha una posizione molto chiara. «Le persone oramai si muovono poco, sono sempre più pigre, per cui parlare sui social è comodo - afferma -, peccato però che il ragionamento sia sterile e spesso pieno di insulti gratuiti. Quando ho iniziato nella saletta adibita qui in libreria alla presentazione di libri, diciamo una decina di anni fa, la gente alle 10 di sera ancora non se ne andava a casa. Era bello vedere il dibattito crescere, soprattutto quando l’argomento era legato alla città. Era bello guardarsi in faccia, confrontarsi e rianimare la conversazione».

Sarà stata la congiuntura economica non buona, i lettori che scarseggiano, lo strapotere dei social, un contesto culturale impoverito, fatto sta che la chiusura della Gilgamesh segue quella di Filippi e Veralibri, altre due librerie storiche che hanno abbassato la saracinesca. «Cosa farò adesso? Ho la passione per la cucina vegana, credo che mi dedicherò a questo. Ora forse dovrò cominciare a lavorare - sorride Miriam - perché benché tenere aperto un negozio non sia affatto una cosa facile, la passione mi ha guidato, e non ho mai sentito la fatica. È così, fai il lavoro che ami, e non lavorerai mai».

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