Il fatto
Rogo allo Stadio Iacovone di Taranto, chiusa anche l’inchiesta sui dipendenti comunali
Il pm Colaci: «Mai informato il Gos: a rischio migliaia di persone»
Non solo il materiale di gomma per costruire la pista di atletica poi brucia nell'incendio della Curva Sud dello Iacovone del 3 settembre 2023 non doveva essere stoccato in quell'area, ma la sua presenza non è mai stata comunicata al «Gos», il Gruppo Operativo di Sicurezza che predispone le misure di sicurezza per gli eventi come le partite di calcio. Sono sono alcune delle contestazioni mosse a vario titolo dal pubblico ministero Francesca Colaci nei confronti dei due dipendenti comunali finiti sotto accusa nel secondo filone di indagine avviato dalla procura dopo il rogo appiccato, secondo gli inquirenti, da due tifosi foggiani durante il derby della prima gara della stagione calcistica 2023-2024.
È quanto emerge dall'avviso di conclusione delle indagini notificato nei giorni scorsi con cui il pm Colaci ha informato i due funzionari della chiusura dell'inchiesta. Nel registro degli indagati, com'è noto, sono finiti Vincenzo Piccolo e Paolo Fornaro, difesi dagli avvocati Egidio Albanese e Antonio Raffo.
In particolare nei confronti di Piccolo, la procura contesta di aver sostanzialmente aperto, con la decisione di stoccare quel materiale nell'impianto calcistico del rione Salinella, una sorta di «cantiere temporaneo in un luogo diverso dal cantiere principale dove il materiale avrebbe dovuta essere depositato»: una decisione presa, secondo il pm Colaci, non valutando i «rischi connessi» alla presenza del materiale combustibili in un luogo aperto al pubblico. A questo si aggiunge che l'apertura di questa sorta di cantiere «momentaneo» avrebbe dovuto portare a una serie di azioni e nomine per garantire la sicurezza nel corso delle attività che invece non sarebbero state effettuate.
Fornaro, invece, pur avendo effettuato una serie di sopralluoghi per assicurarsi dell'avvenuto stoccaggio, della installazione di una recinzione metallica e, pochi giorni prima dell'evento, che l'area fosse interdetta al pubblico, non avrebbe informato gli altri membri del Gos che il materiale gommoso non era ancora stato rimosso dall'impianto sportivo: un'omissione che avrebbe così impedito al Gruppo Operativo per la Sicurezza di adottare le dovute precauzioni organizzative.
Una serie di errori, per il magistrato inquirente, che avrebbero messo a rischio l'incolumità di migliaia di persone presenti quella sera allo stadio quando un fumogeno avrebbe generato il terribile rogo che non solo ha interessato al Curva Sud, ma ha anche generato danni alle parti strutturali dell'impianto. Gli indagati avranno ora 20 giorni di tempo per chiedere di essere interrogati o depositare memorie e fornire le proprie spiegazioni: poi toccherà al pm Colaci decidere se chiedere l'archiviazione delle accuse o il rinvio a giudizio.
Per gli autori materiali dell'incendio, i due tifosi foggiani Ivan Gianuario e Vittorio Ferrara, lo scorso 24 giugno il giudice Costanza Chiantini ha inflitto una condanna a 5 anni di reclusione come richiesto al termine della sua requisitoria dal pm Colaci. Infine, sulla vicenda, è stato avviato anche un terzo filone che al momento coinvolge 11 ultras rossoneri che durante quell’incontro calcistico avrebbero preso parte ai disordini.