Il siderurgico

Piano ex Ilva, tre forni elettrici a Taranto, uno a Genova. Il governo accelera sulla decarbonizzazione. Ma i cittadini e le associazioni dicono no all'accordo

Maristella Massari

Intanto, si avvicina una data chiave per lo stabilimento di Taranto: il 15 settembre è l’obiettivo indicativo per il dissequestro dell’Altoforno 1, sotto sigilli dopo l’incendio di maggio

Una corsa contro il tempo per salvare l’ex Ilva e scongiurare lo stallo produttivo e occupazionale. Ieri al Ministero delle Imprese si è avviato un vertice decisivo tra governo, sindacati che oggi proseguirà con le istituzioni locali. Al tavolo, accanto ai ministri Adolfo Urso e Marina Calderone, siedono i rappresentanti sindacali, che hanno ottenuto di partecipare attivamente ai lavori sull’accordo di programma. L’obiettivo è valutare l’impatto occupazionale e produttivo del piano di decarbonizzazione elaborato dal governo e illustrato nella bozza inviata alle parti sociali alla vigilia dell’incontro. Il ministro Adolfo Urso punta a chiudere entro 24 ore – quindi entro oggi - l’accordo di programma per la decarbonizzazione del sito siderurgico di Taranto. L’obiettivo è arrivare giovedì alla conferenza dei servizi con l’Autorizzazione integrata ambientale (AIA) pronta per essere approvata e scongiurare che arrivi prima la sentenza del Tribunale di Milano. Il ministro ha infatti spiegato che senza un’intesa e un piano conforme alla Valutazione di impatto sanitario e alla sentenza della Corte di Giustizia UE del giugno scorso, la decisione imminente del Tribunale di Milano potrebbe compromettere il futuro dell’impianto. Che tradotto, potrebbe chiudere. Urso non ha nascosto l'urgenza del momento.
Sul tavolo del Mimit, la bozza del piano industriale trasmessa dal governo alle parti sociali: un progetto da 8 milioni di tonnellate annue di acciaio prodotto con quattro forni elettrici – tre a Taranto, uno a Genova – e fino a quattro impianti di preriduzione (DRI) localizzati nel capoluogo jonico.
Il piano prevede due possibili scenari per la transizione, ma una certezza: il primo forno elettrico entrerà in funzione entro la fine del 2029.
Il piano punta a garantire la continuità operativa dei siti del gruppo Acciaierie d’Italia. Otto milioni di tonnellate annue sono la soglia considerata necessaria per salvaguardare i livelli occupazionali e rispondere alla domanda del mercato nazionale ed europeo, in coerenza con la richiesta di rinnovo dell’Autorizzazione integrata ambientale (AIA) per il sito di Taranto.
La strategia industriale ruota attorno alla costruzione di quattro forni elettrici: tre a Taranto, con una capacità complessiva di 6 milioni di tonnellate l’anno, e uno a Genova per 2 milioni di tonnellate, destinato a servire il polo produttivo del Nord. A questi si aggiungerebbero fino a quattro impianti di preriduzione (DRI), tutti localizzati a Taranto, per alimentare i forni elettrici con ferro preridotto, una materia prima essenziale per ridurre l’uso del carbone.
Due gli scenari previsti nella bozza di piano. Lo scenario A prevede la realizzazione a Taranto di tutti e tre i forni elettrici e dei quattro impianti DRI, con una transizione completa entro il 2033. I primi due impianti DRI sarebbero operativi già entro il 2029. Lo scenario B contempla i soli tre forni elettrici a Taranto, mentre gli impianti DRI verrebbero realizzati altrove. In questo caso, la decarbonizzazione si completerebbe entro il 2032.
Entrambi i piani includono la costruzione di una nuova centrale elettrica ad alta efficienza, per alimentare gli impianti senza ricorrere all’energia della rete nazionale.
Come ha spiegato il ministro, il piano prevede nella prima fase – entro quattro anni – una produzione annua di 8 milioni di tonnellate, suddivisa tra 4 milioni dai forni elettrici (uno a Taranto e uno a Genova) e 4 milioni dagli altiforni di Taranto. A regime, dopo otto anni, tutta la produzione sarà garantita dai soli forni elettrici.
Nel frattempo, si attende il 15 settembre come data indicativa per il dissequestro dell’altoforno AFO1 di Taranto, fermo da maggio dopo un incendio. Il cronoprogramma prevede il ripristino dei tre altiforni entro il primo trimestre del 2026.
Infine, dal 1° agosto, il Mimit riaprirà i termini della gara per la cessione degli impianti ex Ilva, alla luce delle “nuove condizioni” legate al piano di decarbonizzazione e all’accordo di programma. La procedura si chiuderà presumibilmente in ottobre, per poi passare all’esame dell’antitrust e alla valutazione del golden power. Il passaggio definitivo a un nuovo investitore è atteso all’inizio del 2026.

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