il caso

Ex Ilva, il disastro nella Gravina Leucaspide: ecco perché il processo è stato trasferito a Potenza

FRANCESCO CASULA

Il gruppo Riva secondo l’accusa non avrebbe posto in essere i presidi necessari ad evitare frane che avrebbero modificato il corso del fiume e infiltrazioni nelle falde del percolato nella gravina tra Taranto e Massafra

Unicità del disegno criminoso, omogeneità della natura dei reati, contestualità temporale e contiguità spaziale oltre che, ovviamente, la compartecipazione degli imputati. Sono le principali motivazioni che hanno spinto il tribunale di Taranto a ritenere connessi i processi sul disastro nella Gravina Leucaspide e “Ambiente svenduto” e trasferire anche il primo al tribunale di Potenza.

È quanto emerge dalla lettura delle 29 pagine di motivazioni depositate nei giorni scorsi dal collegio, composto dai giudici Tiziana Lotito, Paola D'Amico e Anna Lucia Zaurito, che a marzo scorso ha accolto la tesi del collegio difensivo e consegnato il procedimento ai colleghi lucani.

Il gruppo Riva secondo l’accusa non avrebbe posto in essere i presidi necessari ad evitare frane che avrebbero modificato il corso del fiume e infiltrazioni nelle falde del percolato nella gravina tra Taranto e Massafra, ma per gli avvocati Pasquale Annicchiarico, Vincenzo Vozza, Luca Perrone, Carmine Urso e Daniele Convertino non è più il tribunale ionico a dover valutare le responsabilità degli imputati: una tesi accolta in pieno dai giudici che hanno evidenziato come tra i due procedimenti emerga come «i reati contestati nei due procedimenti in esame sono riconducibili ad un medesimo disegno criminoso» e in particolare «l'omogeneità» delle accuse...

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