la cerimonia
Taranto, l’Addolorata torna a casa dopo il restauro
L’intervento conservativo eseguito dalla professoressa Di Capua
Tornerà nella casa di san Domenico l’8 marzo alle 17.30 la statua dell’Addolorata dopo gli interventi di restauro conservativo commissionati dalla confraternita guidata dal priore Giancarlo Roberti e dal padre spirituale monsignor Emanuele Ferro.
La cerimonia comincerà sabato pomeriggio nella cattedrale di San Cataldo con una messa celebrata dall’arcivescovo monsignor Ciro Miniero che al termine benedirà la statua della Vergine dando il via alla processione che la riporterà nel “suo” tempio del 1302.
«Era arrivato il momento di un restauro conservativo – ha spiegato il priore Roberti – per proteggere le cromie e, ora che abbiamo apprezzato il risultato finale, anche per esaltarle: i confratelli e le consorelle, ma anche tutti coloro che sono legati all’immagine della Vergine Addolorata scopriranno che non è ovviamente cambiato nulla, ma anzi quell’immagine oggi ha luce maggiore. È stato un intervento importante – ha aggiunto la guida della confraternita della Città vecchia – sulla parte lignea che non era mai stato oggetto di recupero in passato».
Sono state le sapienti mani e la competenza della professoressa Maria Gaetana Di Capua a curare il ripristino del simulacro a cui i tarantini sono particolarmente devoti. Per i tarantini, quindi, la notte del prossimo Giovedì Santo sarà l’occasione per scoprire il simulacro con uno nuovo splendore. La statua è conservata nel tempio di san Domenico dal 1904: fino a quell’anno, infatti, il simulacro della Vergine era infatti venerato nella chiesa di San Giovanni, una vicina struttura a religiosa a cui era annesso anche un convento e che fu demolita durante il ventennio fascista per dare spazio alla costruzione della scuola intitolata attualmente a «Emilio Consiglio».
Nella chiesa di san Domenico, però, prima dell’arrivo definitivo della statua, era già nato l’amore verso l’Addolorata. Secondo quanto lo studioso Nicola Caputo scrive ne «Il cammino del silenzio», nella seconda metà del 1600, quando fu costruita la statua lignea dell’Addolorata, cominciò la nuova vita della chiesa. Nella prima metà del 1700, all’incirca in concomitanza con la costruzione della doppia scalinata, fu infatti introdotta dal canonico Vincenzo Cosa, la funzione dei «Sette dolori di Maria». Una devozione che col passare del tempo non solo ha modificato la titolazione della congrega dalla mozzetta nera – da «confraternita di San Domenico» a «confraternita dell’Addolorata e San Domenico» - ma ha di fatto trasformato anche l’imponente tempio come la casa dell’Addolorata. Una casa che sul finire degli ‘60 visse il suo momento peggiore: il crollo del tetto nella mattina di Natale del 1968 distrusse quasi completamente l’interno della chiesa che dopo giganteschi lavori di recupero ebbe per sempre una nuova conformazione interna. A distanza di secoli, la statua portata in pellegrinaggio nella notte tra giovedì e Venerdì Santo è pronta a riabbracciare i tarantini con una nuova splendida luce.