Mafia

Blitz «Mare nostro» tra Puglia e Basilicata: carcere confermato

Francesco Casula

Solo a Pietro Scarci concessi gli arresti domiciliari

Il clan Scarci di Taranto ha «continuato ad esistere, resistendo ad una miriade di procedimenti penali» e, sotto la guida del 70enne Andrea Scarci ha «esteso il suo ambito di influenza» tra Taranto fino al materano «in particolare nel territorio di Scanzano Jonico». È quanto scrive nell'ordinanza di convalida del fermo il gip Alessandra Romano che ieri ha confermato la detenzione in carcere per Andrea, Giuseppe e Luciano Scarci, difesi rispettivamente dagli avvocati Enzo Sapia, Andrea Maggio e Luigi Esposito, e ha concesso i domiciliari a Pietro Scarci, assistito dall'avvocato Pasquale Blasi. Per Salvatore Scarcia, individuato come capo del gruppo materano, il gip ha ritenuto che essendo già detenuto non vi è urgenza di emettere una misura dato che entro i prossimi 20 giorni si dovrà comunque esprimere il gip di Potenza. Per gli altri 16 fermati, invece, il gip di Matera ha confermato il carcere per i principali indagati.

Nelle 132 pagine del provvedimento il gip di Taranto ha sostanzialmente confermato gran parte delle accuse mosse dal pool di inquirenti composto dal procuratore distrettuale di Potenza Francesco Curcio, dal sostituto della Dda di Potenza Anna Gloria Piccininni e dai sostituti distrettuali Milto Stefano De Nozza, Sarah Masecchia e Marco Marano, secondo i i componenti del clan Scarcia-Scarci «si ritengono, da oltre un cinquantennio i “padroni” del tratto di mare ubicato tra la città di Taranto e tutta la costa materana/metapontina». Le attività investigative portate avanti dalla Dia, dalla Squadra Mobile di Taranto agli ordini dei dirigenti Cosimo Romano e Luigi Vessio, dai carabinieri del Ros e della Compagnia di Policoro, dai finanzieri del Nucleo Pef di Taranto agli ordini del colonnello Valerio Bovenga e del colonnello Marco Salvatore Tannoia e infine dalle fiamme della Compagnia di Policoro, anche per il gip Romano hanno consentito di appurare l'esistenza della «confederazione mafiosa» nata da due famiglie: gli Scarci di Taranto e gli Scarcia di Scanzano Jonico.

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