Il caso
Pulsano, «il rogo non fu spento ma è colpa del 67enne»
Depositate ieri le motivazioni del Riesame che confermò il carcere. «È impossibile a livello logico, non ricondurre il decesso dell’anziana alla condotta dell’indagato»
TARANTO - Se il 30 luglio scorso Pasquale Tomai Pitinca «non avesse lanciato la pallina di carta infuocata sul terreno incolto, non si sarebbe prodotto alcun incendio, non si sarebbe reso necessario l’intervento (non andato a buon fine) dei Vigili del fuoco, la casa non sarebbe stata attinta dalle fiamme, Fasanella Rita non avrebbe riportato alcuna ustione e non sarebbe morta». È quanto scrive il Tribunale del riesame nelle motivazioni dell’ordinanza con la quale il 22 agosto scorso hanno confermato la custodia cautelare in carcere per il 67enne che ha confessato di aver appiccato le prime fiamme che poi, sostenute dal vento forte e dal caldo torrido, hanno travolto l’intero territorio della marina di Pulsano, distruggendo vegetazione, strutture e anche la villetta in cui si trovava l’anziana donna che, pochi giorni dopo l’incendio, ha perso la vita in ospedale a causa delle gravi ferite riportate.
Nelle 24 pagine depositate ieri mattina dal collegio presieduto dal giudice Elvia Di Roma e a latere Loredana Galasso ed Elio Cicinelli, i magistrati concordano sul fatto sollevato dal difensore del 67enne, l’avvocato Franz Pesare, e cioè che i pompieri sarebbero andati via senza spegnere in modo definitivo l’incendio, ma non sulle responsabilità di quanto accaduto: la difesa infatti ha ritenuto che la colpa di quanto accaduto sia proprio dei vigili del fuoco mentre per i giudici anche se si tratta di un unico incendio «sia pure non efficacemente domato dai vigili del fuoco nel corso del loro primo intervento, è impossibile a livello logico, non ricondurre il decesso di Fasanella Vita alla condotta dell’indagato». Per il Riesame infatti...