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Taranto, per la «Garibaldi» museo galleggiante arriva la levata di scudi delle imprese
Gli imprenditori di Aigi hanno lanciato un appello affinché l’unità navale divenga a Taranto l’emblema di un turismo culturale diversificato
BARI - Nave Garibaldi museo navale, ora c’è la levata di scudi anche delle imprese della provincia di Taranto. In campo a sostegno della candidatura di Taranto per la musealizzazione della iconica ex portaerei della Marina in odore di disarmo, sono scesi gli imprenditori di Aigi, l’associazione che rappresenta aziende del mondo della navalmeccanica e l’80 per cento delle imprese che operano nell’indotto dell’ex Ilva di Taranto. Si teme che l’unità possa diventare museo navale a Genova, dove il capoluogo ligure ha presentato un progetto per musealizzarla mettendola in rete con l’Acquario e il Museo del mare.
Così, al grido di «Nave Garibaldi non si muova da Taranto», le imprese di Aigi hanno lanciato un appello affinché l’unità navale, da 40 anni assegnata al porto di Taranto come sua sede, «divenga un museo galleggiante, emblema di un turismo culturale diversificato - e moderno - per il quale andare orgogliosi. Tutti. Nessuno escluso. La Marina Militare, in primis. Il Paese intero». Secondo Aigi, «la comunità internazionale, e gli operatori di settore, sempre più convinti dello straordinario potenziale produttivo di ciò che si suole chiamare economia del mare».
«Da questa ferma convinzione, noi di Aigi - proseguono gli imprenditori - , non ci sposteremo di un millimetro. Siamo pronti, così come fatto nel recente passato, ad ingaggiare battaglie, anche plateali se fosse necessario con quanti vorranno accompagnarci, perché i diritti di un determinato territorio non vengano calpestati. Traditi. Mercanteggiati. Come sovente è accaduto nella storia moderna di Taranto. Vogliamo essere padroni del nostro destino; e, soprattutto, respingiamo la tesi imperante, parecchio singolare ad onor del vero, di quanti vorrebbero relegarci nel ruolo di ospiti in casa nostra».
A sostegno delle richieste avanzate, ci sono anche i numeri. «I dati non mentono, specie poi quelli di natura finanziaria. La “blue economy”, lo scorso anno, è cresciuta ad un ritmo del 15%: più del doppio della crescita percentuale complessiva dell’intero Paese. Le imprese che operano in questo specifico settore ammontano a 228 mila unità. Con più di un milione di lavoratori e un giro d’affari che sfiora i 65 miliardi di euro annui. L’economia del mare, declinata in tutti i suoi molteplici aspetti, rappresenta il 10,2% del Pil nazionale. Sono queste grandezze, unitamente alla storia socio-economica di Taranto, alla sua straordinaria valenza geopolitica, al fatto che ospiti la più prestigiosa base navale della Marina Militare, alla necessità che si delineino logiche di sviluppo sempre più integrate e di sistema nel prossimo futuro, a rendere naturale la candidatura del capoluogo ionico perché possa ospitarsi in loco un museo galleggiante. Rendendo duraturo e permanente con la città il rapporto con Nave Garibaldi, dopo il suo disarmo previsto per la fine di quest’anno. La Liguria (11,9%), il Friuli-Venezia Giulia (7,2%), la Sardegna (7,1%), il Lazio (6,0%) e la Sicilia (5,7%) sono le Regioni italiane con le percentuali più significative di uno sviluppo economico connesso con l’economia del mare. La Puglia, com’è possibile evincere scorrendo questa classifica, non figura nelle posizioni di testa. Fatto assai singolare per un territorio con 940 km di costa. Stessa cosa dicasi per le città. Trieste (18,9%), Livorno (17,6%), La Spezia (16,8%), Gorizia (13,7%) e Rimini (13,0%) sono i capoluoghi che, nel 2023, conseguono i dividendi più interessanti per quel che concerne la blue economy. E Taranto, la città dei due mari, di Taras al quale apparve all'improvviso un delfino premonitore secondo il racconto mitologico, quando lontana dista dal mare e dalle sue implicazioni economiche?» si chiede Aigi.
«Anche per questo serve far nascere un museo galleggiante, con tutto il suo carico di storia e le migliaia di turisti che individuerebbero Taranto come meta privilegiata di un itinerario a metà tra identità e progresso. Nave Garibaldi porta il nome del generale del nostro Risorgimento, Giuseppe Garibaldi. Fu l’ufficiale con la giubba rossa a declamare a Calatafimi “Qui si fa l’Italia o si muore”. Prendiamolo in parola - conclude Aigi -. Cominciando da qui. Da noi».