Il caso

Infiltrazioni mafiose a Statte: altri tre mesi per la commissione

Redazione Taranto

Dopo il blitz a rischio la nuova amministrazione estranea ai fatti

STATTE - Si dovrà attendere per altri tre mesi per capire se sarà o meno sciolto per infiltrazioni mafiose il consiglio comunale di Statte. Il collegio, nominato dal prefetto di Taranto, Paola Dessì, ha infatti ottenuto una proroga fino a ottobre che servirà per verificare eventuali forme di condizionamento della criminalità organizzata sul buon andamento e sul regolare funzionamento dell’attività amministrativa dell’ente guidata fino al 15 gennaio dall’ex primo cittadino Francesco Andreoli.

All’alba di quel giorno, infatti, le fiamme gialle di Taranto diedero il via al blitz «Dominio» che portò in carcere oltre all’ex sindaco anche gli ex assessori Ivan Orlando e Marina Simeone con l’accusa di voto di scambio politico mafioso con il gruppo criminale capeggiato da Davide Sudoso.

È il viceprefetto Daniela Buccoliero a guidare il lavoro della commissione composta dal comandante del Reparto Operativo dei Carabinieri, il tenente colonnello Francesco Marziello e dal comandante della Sezione Tutela Economica del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza, il capitano Giovanni Resta. Restano così ancora sospese le sorti dell’attuale giunta in carica guidata dal sindaco Fabio Spada, che nulla ha a che fare con la precedente amministrazione e l’inchiesta della Direzione distrettuale Antimafia.

Sull’ex primo cittadino Andreoli e i suoi assessori Orlando e Simeone, per cui scattarono le manette, grava la pesante accusa di aver chiesto e ottenuto il sostegno del gruppo guidato dal 50enne Sudoso, che avrebbe operato come diretta diramazione del clan Cesario, capeggiato da Cosimo Bello e Carlo Mastrochicco, smantellato dal blitz «Feudo». Approvvigionamento di armi, gestione di un ingente traffico di droga. Imponendosi come fornitori esclusivi dei piccoli gruppi criminali, riscuotendo i soldi anche con spedizioni punitive. Operando nel racket delle estorsioni e procacciando voti con un «patto elettorale politico- mafioso»: è questo il quadro cristallizzato dal pubblico ministero Milto De Nozza.

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