Il caso

Ex Ilva, le verità nascoste tra chat e quaderni

Francesco Casula

Le Fiamme Gialle cominciano a scavare nelle carte e nei dispositivi sequestrati

TARANTO - Potrebbero arrivare anche dagli appunti di Lucia Morselli nuovi elementi nell’inchiesta sulla gestione dell’ex Ilva targata Acciaierie d’Italia prima dell’ultimo commissariamento. Nel materiale sequestrato dai finanzieri di Bari che il 3 luglio scorso sono piombati negli uffici e nelle abitazioni di 10 indagati, tra cui l’ex amministratrice delegata, sono finiti infatti anche quattro quaderni manoscritti: documenti in cui potrebbero esserci appunti di Morselli potenzialmente in grado di consentire agli investigatori di decifrare non solo le decisioni prese durante gli anni al vertice delle società che hanno operato nella fabbrica ionica, prima Arcelor Mittal e poi AdI, ma anche di attivare una serie di collegamenti con le ore di conversazioni registrate durante i mesi in cui il telefono della manager è stato intercettato.

E a proposito di telefoni nei prossimi giorni partiranno anche le operazioni di estrazione dei dati contenuti nelle decine di smartphone e tablet sequestrati dalle fiamme gialle: i pubblici ministeri Francesco Ciardo e Mariano Buccoliero, hanno infatti notificati agli indagati, l’avviso di accertamenti tecnici irripetibili con cui hanno fissato l’avvio delle attività che saranno effettuate dai loro consulenti.

Da quei dispositivi, potrebbero emergere le chat, scambiate dagli indagati nella nuova maxi inchiesta condotta dalla procura di Taranto che contesta le ipotesi di reato di associazione a delinquere finalizzata all'inquinamento, al disastro ambientale e alla truffa ai danni dello Stato sulle quote di Co2. Le prime tre accuse, oltre alla manager, riguardano anche il suo segretario Carlo Kruger e poi i dirigenti di AdI Francesco Alterio, Adolfo Buffo e Paolo Fietta, gli ex direttori dello stabilimento Vincenzo Dimastromatteo e Alessandro Labile, Antonio Mura, procuratore di AdI con funzioni di Direttore Finanze Tesoreria e Dogane e infine il dipendente Felice Sassi. Per l'accusa di truffa, invece, oltre a questi nove indagati c'è anche quello della consulente Sabina Zani.

L’inchiesta si concentra anche sulla mancata manutenzione degli impianti che avrebbe generato, secondo l’accusa, un nuovo disastro ambientale attraverso l'aumento negli ultimi anni delle concentrazione di benzene e di altri inquinanti che non avrebbero raggiunto solo il vicino quartiere Tamburi e una parte della città, ma anche e soprattutto i luoghi in cui gli operai si trovano a lavorare.

Per gli inquirenti, infatti, alcuni impianti dell'ex Ilva versano in uno stato di «abbandono manutentivo». In particolare l'esito delle attività ispettiva svolte sugli impianti Batterie e Sottoprodotti dell'area Cokeria «ha dunque accertato il cattivo stato di manutenzione delle tubazioni di gas coke e degli impianti di pressurizzazione e filtrazione aria a servizio degli uffici e delle macchine operatrici». Criticità impiantistiche, più volte denunciate dai sindacati, che tuttavia secondo gli inquirenti negli anni della gestione targata Morselli erano diventate invisibili: «Dall'analisi della documentazione si riscontra che nulla veniva segnalato nelle ispezioni visive effettuate nel 2022-2023 al contrario delle criticità che sono emerse successivamente nelle ispezioni effettuate nel 2024 (da quando sono subentrati i nuovi commissari straordinari, ndr) che hanno determinato lavori di ripristino».

Alcune delle telefonate in possesso dei pm Ciardo e Buccoliero, sono finiti nel decreto di perquisizione e proprio l’ex ad di Acciaierie d’Italia, in riferimento ai dati per il calcolo delle quote di Co2, spiegava a un interlocutore «Sono manipolati per poter avere le quote Co2... sono finti... a posta». Conversazioni su cui ora gli inquirenti cercano nuovi riscontri. Anche negli appunti.

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