L'esclusiva

Ex Ilva, mancate manutenzioni agli impianti del siderurgico: l'ex ad Morselli indagata per associazione a delinquere

Francesco Casula

La Procura di Taranto contesta disastro ambientale e inquinamento oltre che truffa allo Stato. L'accusa riguarda anche altre sette persone

TARANTO - Promotrice e organizzatrice di un'associazione a delinquere finalizzata all'inquinamento, al disastro ambientale e alla truffa ai danni dello Stato. È l'ultima accusa mossa dalla procura di Taranto nei confronti di Lucia Morselli, ex amministratrice delegata di Acciaierie d'Italia ritenuta dagli inquirenti a capo di un gruppo composto da altre otto persone tra cui direttori dell'ex Ilva, dirigenti, consulenti e dipendenti che negli anni avrebbe nuovamente causato danni all'ambiente, alla salute e anche alle casse dello Stato.

Dopo l'ultima notizia dell'inchiesta sulla presunta truffa sulle quote di Co2, sembra ora prendere forma, insomma, la nuova maxi inchiesta «Ambiente svenduto bis» sulla gestione della fabbrica dal 2018 a oggi: anni durante i quali al vertice si sono succedute prima il colosso internazionale ArcelorMittal al quale poi si è aggiunto anche lo Stato italiano attraverso Invitalia nella joint venture Acciaierie d'Italia che vedeva il colosso franco indiano socio di maggioranza al 62 per cento e invitalia come socio pubblico di minoranza al 38 per cento. Anni durante i quali, secondo i pubblico ministeri Francesco Ciardo e Mariano Buccoliero, la gestione della fabbrica sarebbe stata carente dal punto di vista manutentivo causando così nuove emissioni dannose per i lavoratori e per i cittadini. Nuovi atti che portano ancora più in alto il livello di gravità delle accuse.
Nel registro degli indagati, con l'accusa di disastro ambientale e inquinamento oltre Morselli, sono finiti anche il suo segretario Carlo Kruger, e poi i dirigenti di AdI Francesco Alterio, Adolfo Buffo e Paolo Fietta, gli ex direttori dello stabilimento Vincenzo Dimastromatteo e Alessandro Labile, Antonio Mura, procuratore di AdI con funzioni di Direttore Finanze Tesoreria e Dogane e infine il dipendente Felice Sassi.

Secondo i pm tarantini, coordinati dal procuratore Eugenia Pontassuglia, avrebbero omesso di effettuare le dovute manutenzioni sulle tubazioni della rete di distribuzione del gas-coke presenti nei reparti Cokeria e Sottoprodotti dell'ex Ilva che avrebbe generato «una compromissione ed un deterioramento significativo dell'aria della città di Taranto determinando un incremento, significativo e misurabile delle concentrazioni medie annuali, mensili, giornaliere di benzene registrate dalle centraline di monitoraggio di qualità dell'aria e quelle interne allo stabilimento».

Ma non solo. Secondo i pm Ciardo e Buccoliero non avrebbero neppure mantenuto in efficienza gli impianti di «pressurizzazionc e filtrazione aria a servizio di macchine operatrici e uffici esponendo così i lavoratoti ad elevate concentrazioni di sostanze cancerogene,mutagene,teratogene». Insomma una serie di carenze tali secondo gli inquirenti da causare «disastri, infortuni sul lavoro e malattie professionali. Insomma ancora una volta, a distanza di 12 anni dal sequestro dell'intera area a caldo, firmato dal gip Patrizia Todisco nel luglio 2012, la comunità ionica sarebbe ancora in pericolo. Sono gli stessi magistrati a scriverlo nero su bianco quando affermano che queste carenze gestionali continuano a esporre «a pericolo la popolazione residente in prossimità dello Stabilimento e gli stessi lavoratori».

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