Il caso
Ex Ilva, lo stabilimento a produzione piena? «Rischio alto per la salute dei tarantini»
Ecco cosa dice la Valutazione del danno sanitario inviata dalla Regione al Ministero
TARANTO - Se l'ex Ilva di Taranto producesse 8 milioni di tonnellate all'anno, anche se fossero applicate tutte le misure previste dal piano, ci sarebbe un rischio per la salute dei tarantini, e in particolare dei residenti a Tamburi, non accettabile. È quanto hanno sostenuto Arpa Puglia, Asl Taranto e Aress Puglia nella Valutazione del Danno Sanitario che la Regione Puglia ha inviato nelle scorse ore al ministero dell'Ambiente.
Nelle 133 pagine visionate dalla Gazzetta, emerge infatti un quadro particolarmente critico, che appare in netta contrapposizione con quella presentata dai commissari di Acciaierie d'Italia in As che nello studio a firma di Alfonso Cristaudo, già Ordinario Medicina del Lavoro dell’Università di Pisa, e di Annalisa Romiti, ingegnere della società «Icaro Srl», aveva sostenuto – in caso di un livello di produzione a 6 milioni di tonnellate - un quadro idilliaco della situazione ambientale nel territorio ionico. Non solo. In quella valutazione era nuovamente venuta a galla l'ipotesi che la causa del numero di malattie era da considerare una conseguenza dell'abuso di alcool e sigarette.
Nel nuovo documento della Regine, invece, si legge che «la valutazione del quadro epidemiologico, descritto attraverso le stime più recenti disponibili di mortalità, ospedalizzazione, incidenza dei tumori e malformazioni congenite, indica la permanenza di alcune criticità sanitarie rispetto a quanto già noto sulla base di precedenti studi realizzati sia nell’area a rischio che nel comune di Taranto, con una sostanziale convergenza delle indicazioni che provengono dall’analisi della mortalità, dell’ospedalizzazione e dell’incidenza tumorale che riguardano il tumore del polmone, le malattie respiratorie e le malattie cardiovascolari». In parole semplice la situazione non è cambiata. La «valutazione del rischio cancerogeno inalatorio» associato alle emissioni in atmosfera di inquinanti come benzene, naftalene, benzoapirene, arsenico, cadmio, cromo VI, nichel, piombo, diossine e pcb «mostra un valore di rischio superiore alla soglia di accettabilità» per il quale «deve essere pianificato un intervento di riduzione dell’esposizione».
Per quanto riguarda invece le polveri sottili, come pm10 e pm2,5, il numero stimati di «decessi attribuibili alle ricadute delle polveri» appare in diminuzione se confrontato con gli scenari valutati negli anni scorsi, ma a eccezione del quartiere Tamburi: i risultati mostrano «rischi superiori alla soglia di accettabilità» e indicano «che è indispensabile procedere ad una riduzione dell’esposizione» per «ricondurre il rischio della popolazione residente all’interno di una soglia accettabile». Ma non solo. Nel rione all'ombra delle ciminiere «per quanto riguarda il rischio cancerogeno inalatorio, è emersa una criticità legata alle concentrazioni di benzene, il cui contributo percentuale al rischio cancerogeno totale è pari al 77 per cento».
Per l'intera area tarantina, invece, gli organi tecnici della Regione Puglia hanno raccomandato «l’adozione di ulteriori misure finalizzate al contenimento dell’esposizione agli inquinanti».