l'incidente sul lavoro
Taranto, operaio morto al porto: in 11 rischiano il processo che prende il via oggi
A marzo 2022 Massimo De Vita, operaio 45enne, fu schiacciato e ucciso nel porto di Taranto durante le operazioni di «sbracatura» di un grosso telaio in acciaio
TARANTO - Prenderà il via oggi l'udienza preliminare nei confronti degli 11 imputati (10 persone fisiche una società) finite sotto accusa per l’incidente che a marzo 2022 costò la vita a Massimo De Vita, il 45enne operaio tarantino schiacciato e ucciso nel porto di Taranto durante le operazioni di «sbracatura» di un cosiddetto «Root frame», grosso telaio in acciaio usato per fissare alcune pale eoliche scaricate dalla nave, che si è ribaltato durante le operazioni di movimentazione a terra del carico appena sbarcato dalla nave Bbc Opal.
Sarà il giudice Benedetto Runerto a valutare la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dal sostituto procuratore della Repubblica Mariano Buccoliero: sotto processo, dopo le indagini compiute dai tecnici dello Spesal di Taranto, rischiano di finire con l’accusa di cooperazione in omicidio colposo, i vertici della società «Peyrani Sud», della «Neptunia» e anche alcuni colleghi di lavoro dello sfortunato operaio.
Per l’accusa, gli imputati avrebbero consentito in quei frangenti a De Vita di salire su una scaletta invece di usare una piattaforma elevabile e soprattutto, quest’operazione sarebbe avvenuta «in assenza di un preposto e di una via di comunicazione radio fra gli operatori» che secondo l’accusa avrebbero dovuto operare in maniera differente rispetto a quanto ricostruito dagli investigatori. A questo, inoltre, si aggiunge anche una seconda accusa mossa solo ai vertici della Peyrani, assistiti dagli avvocati Michele Rossetti e Francesco Fico, che avrebbero omesso «la corretta rielaborazione del Documento di Valutazione dei Rischi, in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori». Per il pm Buccoliero, inoltre, nel documento era carente anche la Valutazione del rischio «da stressa lavoro-correlato» indicato come «basso/irrilevante» nonostante in quel contesto «era usuale – scrive il magistrato inquirente - cercare di darsi una mano in modo spontaneo a causa della scarsità di personale e in cui le squadre di lavoro venivano assemblate casualmente fra operatori che spesso non si conoscevano fra di loro». Ed è per questo che alla persona giuridica «Peyrani Sud» viene contestata l’«assenza di una organizzazione idonea ad aggiornare le previsioni sulla sicurezza dell’attività lavorativa in relazione alla specificità delle operazioni da svolgere, in assenza di organi adeguati e necessari al controllo ed alla vigilanza sul funzionamento e l’osservanza dei modelli di sicurezza adottati». I familiari dell’operaio sono assistiti dagli avvocati Salvatore Maggio e Pietro D’Alfonso. Prenderà invece il via il 16 ottobre il processo nei confronti degli imputati coinvolti nell’inchiesta per l’incidente mortale che il 29 aprile 2021 costò la vita a Natalino Albano, anche lui operaio della «Peyrani Sud» schiacciato da una pala eolica sulla banchina de IV sporgente al porto di Taranto.
A processo anche in questo caso sono finiti i vertici della Peyrani Sud. Mancanza di pratiche operative per l’imbarco e lo sbarco delle pale eoliche, l’assenza di un sistema di comunicazione tra gli operai e persino del numero di addetti necessari allo svolgimento delle attività. Sono alcune delle cause che secondo la procura hanno contribuito alla morte dell’operaio. Albano, quel giorno, è caduto dopo essere stato colpito dalla pala eolica mentre stava lavorando al loro fissaggio: secondo quanto ricostruito dagli investigatori, stava operando sui cavi delle gru che avevano portato le pale sulla nave senza accorgersi che il gancio di un cavo collegato a una delle gru non si era staccato dall’imbrago provocando lo spostamento veloce ed inaspettato della pala che lo ha colpito facendolo cadere nel vuoto.