Il blitz nel Tarantino
Mafia e voti in cambio di favori al clan: 29 arresti a Statte, in manette anche il sindaco. TUTTI I NOMI
Nel mirino oltre al primo cittadino anche gli assessori Ivan Orlando e Marianna Simeone e il dirigente Amiu Scalera. E l’ex comandante della Polizia Locale di Statte
TARANTO - Droga, mafia e voto di scambio. È un vero e proprio terremoto il blitz della Guardia di Finanza che questa mattina ha svegliato il Comune di Statte (Ta) portando 26 persone in carcere e 3 agli arresti domiciliari. Tra quelle finite in cella c’è anche il sindaco Francesco Andreoli e gli assessori Ivan Orlando e Marianna Simeone, per aver accettato la promessa di Davide Sudoso e Giulio Modeo di procurare i voti in cambio di denaro, buoni pasto e favori al clan.
In cella è finito anche Lucio Rocco Scalera, dirigente Amiu già coinvolto nell’inchiesta sulle parcelle d’oro e sul concorso sospetto: e proprio in quest’ultimo bando Scalera avrebbe garantito a Modeo un posto all’interno della società partecipata. Le indagini dei finanzieri, guidati all'epoca dal colonnello Valerio Bovenga e coordinati dal pm Milto De Nozza della Direzione distrettuale Antimafia di Lecce, hanno colpito la cosca stattese che già in passato era stata falciata dall’inchiesta “Feudo”: dopo gli arresti e le condanne dei boss Mimmo Bello e Carletto Mastrochicco, le redini del gruppo erano passate a Sudoso. Nell’indagine sono complessivamente indagate 60 persone.
ANCHE L'EX COMANDANTE DELLA POLIZIA LOCALE DI STATTE. TUTTI I NOMI
C’è anche l’ex comandante della Polizia Locale di Statte, Aristide Rotunno, tra le persone denunciate a piede libero nell’inchiesta antimafia condotta dalle fiamme gialle e ribattezzata “Dominio”: oltre all’arresto del sindaco Franco Andrioli, di due assessori e del dirigente Amiu Rocco Lucio Scalera, negli atti dell’indagine coordinata dal pm Milto De Nozza emerge anche l’ipotesi di reato contestata all’ex comandante dei vigili: nei confronti di Rotunno, ora in pensione, l’Antimafia contesta la rivelazione di segreti al clan guidato da Davide Sudoso. In particolare, avrebbe svelato a Luigi Scialpi, uno degli affiliati alla cosca, che il 5 marzo 2021 i carabinieri della Compagnia di Massafra unitamente ai vigili di Statte avrebbero eseguito un controllo
di polizia amministrativa sulle attività commerciali di Statte tra cui quelle riconducibili sia a Scialpi che a Sudoso.
Complessivamente sono 60 gli indagati a vario titolo. Di questi in carcere sono finiti il sindaco di Statte Francesco Andrioli, gli assessori Ivan Orlando e Marianna Simeone, e poi Davide Sudoso ritenuto al vertice del clan. E ancora Cosimo Ammirato, Maurizio Coli, Cosimo Colucci, Giuseppe Coluccia, Angelo Laneve, Cosimo Lomartire, Antonio Marzella, Giulio Mode figlio del boss Anto detto il messicano che negli anni ’80 e ’90 fu a capo della frangia che fece una sanguinosa guerra con i fratelli Riccardo, Gianfranco e Claudio Modeo, Antonio Paolo Nannavecchia, Fabiana Notaristefano, Antonio Pace, Giuseppe Palumbo, Giovanni Pulito, il dirigente Amiu Rocco Lucio Scalera, Luigi Scialpi, Francesco Simeone fratello dell’assessore Marianna Simeone, Giorgio Simeone, William Sudoso, Gianpiero Vinzi e Giovanni Zigrino. Ai domiciliari infine Domenico, Egidio e Nicola Taurino.
SINDACATO DEI CARABINIERI: «COLLEGA NEL MIRINO»
«Intendiamo esprimere la nostra piena solidarietà al collega della compagnia carabinieri di Massafra, preso di mira dalla malavita perché lavorava alle indagini sulle attività del clan, oggi smantellato dalla Guardia di Finanza con l’arresto di 29 persone in un’inchiesta coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce». Così Cataldo Demitri, segretario generale regionale Puglia del Nuovo Sindacato Carabinieri (NSC) in merito all’episodio dell’attentato incendiario all’auto della moglie di un carabiniere svelato dall’inchiesta della Dda di Lecce sul presunto clan mafioso che operava nel Comune di Statte.
«I nostri colleghi, soprattutto in terre difficili - aggiunge Demitri - dove vi è alta densità criminale, sono sempre più esposti e con essi anche le loro famiglie. Chiediamo maggiori tutele per i lavoratori in uniforme che vanno dall’incremento degli organici per rafforzare i controlli del territorio, agli equipaggiamenti per farlo in sicurezza».
«C'è bisogno - osserva il dirigente sindacale - di maggiore incisività e presenza dello Stato, perché attentare all’incolumità di un carabiniere o inviargli segnali di avvertimento, si può tranquillamente tradurre come un affronto allo Stato e alle sue leggi»