I nodi dell'acciaio

Ex Ilva, a Taranto in corso lo sciopero di 48 ore dei lavoratori area Altoforni. L'azienda: «Tutti al lavoro»

Nel giorno dell'assemblea dei soci di Acciaierie d'Italia, che nel pomeriggio si riuniranno per affrontare il problema della crisi finanziaria

TARANTO - È in corso dalle 7 di questa mattina nello stabilimento siderurgico di Taranto lo sciopero di 48 ore dei lavoratori di esercizio dell’area Altoforni proclamato dai delegati Rsu Fim, Fiom e Uilm di Acciaierie d’Italia, che hanno inviato una comunicazione all’azienda diffidandola dal fermare l’impianto Afo2, già in fase di rallentamento della carica.

Iniziativa di protesta attuata nel giorno dell’assemblea dei soci di Acciaierie d’Italia, che si riunirà nel pomeriggio per decidere come affrontare la crisi finanziaria. L’azienda ha spiegato la necessità di avviare un programma di interventi manutentivi riguardanti diverse aree produttive, con la fermata per sette giorni dell’Altoforno 2, ma per i sindacati «potrebbero determinarsi situazioni di criticità dal punto di vista della sicurezza dei lavoratori, dal punto di vista ambientale e di salvaguardia degli impianti con la conseguente fermata totale dello stabilimento».

La sospensione dell’attività dell’impianto comporta l'utilizzo del solo Altoforno 4, essendo già fermi l’Afo5 e l'Afo1. Lo sciopero, precisano le sigle metalmeccaniche, viene attuato «per impedire che ArcelorMittal continui nel suo ricatto, utilizzando i lavoratori e la fabbrica come scudo, per ricevere ulteriori risorse pubbliche da sperperare fino alla chiusura dello stabilimento». 

«ArcelorMittal non ha alcuna intenzione di investire in Italia. Al contrario sta portando a esaurimento e a chiusura gli stabilimenti a partire da quello tarantino. Infatti Acciaierie d’Italia, azienda a partecipazione statale, si rende responsabile di comportamenti che portano al fallimento un’altra azienda controllata dallo Stato». Così l’Usb di Taranto, che oggi ha tenuto un presidio nei pressi di Palazzo del Governo e ha consegnato al prefetto un documento sulla vertenza «che - si afferma - sintetizza perfettamente l'atteggiamento di assoluta strafottenza da parte di Arcelormittal». Con il sit-in l’organizzazione sindacale ha inteso anche evidenziare la situazione della ditta Sanac, che produce refrattari - ha sottolineato la delegazione Usb - fondamentali per i processi produttivi dell’acciaio e che non riceve più ordini dallo stabilimento di Taranto. Di fatto oggi, Acciaierie d’Italia non si rifornisce più dalla Sanac, provocandone il fallimento, e preferisce acquistare un prodotto di minore qualità a un prezzo più alto dall’estero. Una questione che ha in sé del paradossale, come paradossale è che il Governo consenta tutto ciò, non definendo ancora una situazione che più va avanti e più si complica».

Secondo l’Usb «solo l’acquisizione di Acciaierie d’Italia da parte dello Stato permetterebbe da un lato di garantire la continuità degli stabilimenti siderurgici dell’ex Ilva, e dall’altro di dare una speranza di futuro alla Sanac. La sorte di questa azienda è inoltre pericolosamente simile a quella che spetta alle realtà dell’indotto ex Ilva che, come la Sanac, chiedono legittimamente il pagamento delle fatture già maturate ma già per questo finiscono in black list, e vengono escluse dalle commesse».

«Il tavolo Stellantis che si insedia oggi, con tutti gli attori del settore automotive, Regioni, sindacati ed Anfia, rappresenta un punto di svolta per il sistema paese per raggiungere un obiettivo ambizioso, ma concreto: invertire il declino produttivo registrato negli ultimi anni in Italia per raggiungere la soglia di in milione di veicoli da parte dell’azienda nei siti produttivi italiani».
Lo ha affermato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, in apertura del tavolo permanente per lo Sviluppo Automotive in corso a Palazzo Piacentini, in base a quanto si apprende da fonti del Mimit.
«L'anno scorso sono state prodotte in Italia appena 450mila autovetture a fronte di un milione e 400mila immatricolazioni e l'80% degli incentivi sono finiti ad auto prodotte all’estero, anche da Stellantis. Questo non può più accadere», ha detto Urso.

AdI a sindacati, no a differimento sospensione Afo2

«Si comunica che le condizioni attuali di marcia degli impianti non possono consentire, per ragioni di sicurezza, il differimento della sospensione della produzione di ghisa dell’Altoforno n. 2, già comunicata dalla società. Per l’effetto, ferme le comandate già esistenti, è necessario che le stesse vengano rafforzate con ulteriore personale strettamente connesso a garantire l’esecuzione indifferibile delle attività in condizioni di massima sicurezza, cosi da preservare l’incolumità del personale e danni agli impianti». Lo si legge in una lettera inviata da Acciaierie d’Italia alle Rsu, nel giorno dello sciopero di 48 ore.

In merito allo sciopero riguardante il personale di esercizio dell’area Altoforno dello stabilimento ex Ilva di Taranto, proclamato da Fim, Fiom e Uilm nella tarda giornata di ieri per 48 ore, Acciaierie d’Italia comunica «che tutti i 70 lavoratori previsti nei primi due turni hanno regolarmente prestato servizio». L’azienda ricorda inoltre "come siano previste comandate specifiche nell’area a caldo al fine di salvaguardare gli impianti e proteggere l’incolumità delle persone». Il segretario generale della Fiom Cgil Francesco Brigati spiega all’ANSA che i sindacati erano «a conoscenza del fatto che tutti i lavoratori sarebbe stati precettati per la comandata sugli impianti. Abbiamo indetto una sorta di sciopero al contrario proprio per impedire la fermata annunciata di Afo2».

L’azienda riferisce inoltre «che lo sciopero del 1° dicembre scorso, proclamato da Fiom e Uilm contro la Manovra Finanziaria, ha rilevato adesioni nella misura di 38 dipendenti dello stabilimento di Taranto su 8.100 totali». Anche in questo caso "va precisato - osserva Brigati - che non era uno sciopero di stabilimento indetto dai metalmeccanici, ma a proclamarlo erano stati i sindacati confederali contro la finanziaria e in ogni caso Acciaierie fornisce numeri distorti perchè ricomprendono anche i lavoratori in cassa integrazione e non vengono indicati invece quelli di comandata».

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