I conflitti globali

«Salvare vite umane nella violenza», a Taranto la testimonianza della presidente Emergency

Giacomo Rizzo

Rossella Miccio: «Bisogna smetterla con la guerra e trovare strumenti diversi per risolvere i problemi, altrimenti andiamo all’autodistruzione»

TARANTO - «Ogni giorno, attraverso i media, entrano nelle nostre case immagini dell’orrore della guerra. Mi domando se davvero esista ancora il genere umano perché quello che stiamo vedendo non ha nulla di umano». Rossella Miccio, presidente nazionale di Emergency, ha tracciato una mappa dei conflitti e parlato della mission dell’associazione fondata nel 1994 da Gino Strada, intervenendo ieri alla seconda giornata del Festival della Cultura paralimpica, in corso di svolgimento a Taranto. Un impegno, quello di Emergency, volto innanzitutto a garantire il diritto alla cura alle vittime di guerra e povertà.

Presidente, si sta facendo abbastanza per creare dei corridoi umanitari?

«Non è mai abbastanza. Io faccio veramente fatica a capire come si sia arrivati a quello che vediamo tutti i giorni a Gaza o che abbiamo visto in Ucraina e in altre zone interessate da conflitti. I corridoi umanitari sono fondamentali, ma non sono sufficienti. Bisogna smetterla con la guerra, bisogna trovare strumenti diversi per risolvere i problemi perché andiamo veramente all’autodistruzione. Io spero quindi che la ragione torni a prendere il sopravvento e che si fermi la mattanza a Gaza come in Ucraina, come nel resto del mondo».

In quali attività siete impegnati in questo momento?

«Emergency lavora in contesti di guerra da 30 anni e sempre più in conflitti che sono dimenticati. Noi pensiamo che la guerra sia soltanto in Ucraina o nell’ultimo mese a Gaza. In realtà ci sono tantissime guerre dimenticate, prima fra tutte quella in Sudan, che in soli sette mesi ha causato più di 6 milioni di sfollati, innumerevoli feriti, i morti non si sa quanti, nel disinteresse totale. Noi invece lì ci siamo e continuiamo a esserci, così come in Afghanistan, nel Mediterraneo, con la nostra nave di ricerca e soccorso che riparte per la sua quindicesima missione. Cerchiamo di essere anche lì dove non ci sono i riflettori perché nel nostro lavoro proviamo a restituire un po’ di dignità alle persone a cui la guerra questa dignità l’ha tolta».

Il tema dell’accoglienza dei migranti diventa spesso terreno di scontro politico. Taranto è in prima linea per la presenza di un Hotspot, dove si procede all’identificazione prima dello smistamento in altri centri. Anche in questo caso le polemiche sono all’ordine del giorno. Perchè secondo lei?

«Me lo chiedo sempre. Io non capisco perchè bisogna far polemica su concetti veramente molto semplici come quello di salvare le vite umane e di provare ad accogliere in maniera dignitosa e anche integrare le persone che scappano dalle guerre, dalla miseria, che in fondo provano a cercare un futuro diverso. Io sono tornata dall’ultima missione della Life Support pochi giorni fa. Abbiamo salvato in mare 118 persone che erano alla deriva da 4 giorni su barchini improponibili. Non so cosa ci sia da obiettare rispetto al fatto di essere lì, di prendere queste persone, di strapparle dal mare e dalla morte, di provare a dar loro una mano. Le risorse ci sono, bisogna soltanto decidere come utilizzarle. Io credo che se si ragionasse in maniera più laica da questo punto di vista, forse ci renderemo conto che trarremmo dei benefici tutti, perchè l’integrazione non può che portare benefici».

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