La protesta

Taranto, cattivi odori ai Tamburi: gli impegni della Irigom

Valentina Castellaneta

Scontenti i cittadini: «L’impianto è troppo vicino alle case»

TARANTO - Riduzione della lavorazione a 20 tonnellate l’ora, continuare a lavorare a portelloni chiusi, la chiusura laterale lato Tamburi delle tettoie, piantumazione di una barriera a verde tra le tettoie e la zona abitata e l’installazione di un impianto di trattamento odori, previa autorizzazione. Sono questi gli impegni che l’avvocato Stefano Montanaro, in qualità di amministratore delegato della Irigom Srl, ha preso dopo la riunione che si è tenuta a Palazzo di città per fare il punto sulle emissioni odorigene dell’impianto che da tempo si abbattono sul quartiere Tamburi.

Un incontro da cui sono andati via insoddisfatti gli abitanti del rione che nel primo pomeriggio di ieri avevano affollato la portineria del municipio. Manifestavano il loro malcontento per l’odore che definiscono «nauseabondo» e che secondo Arpa Puglia proviene dall’impianto di trattamento rifiuti a nord del quartiere. Dopo qualche richiesta un piccolo gruppo, tra loro la dirigente scolastica dell’Istituto Scolastico Vico De Carolis, è stato ammesso alla riunione che l’assessora all’Ambiente Francesca Viggiano, stava tenendo con Arpa Puglia, l’Asl, Provincia e dirigenti dello stabilimento. Un incontro messo a calendario a seguito di un sopralluogo dell’assessora e di alcuni consiglieri comunali, proprio nell’aria interessata dai terribili odori.

Gli impegni assunti da Montanaro richiedono quattro o cinque mesi per la realizzazione. Troppi per chi vive lì vicino. «Nonostante abbiamo fatto numerose segnalazioni - ha raccontato Lucia Galeone, che abita vicino all’impianto - fino a poche ore fa la puzza era insopportabile. Noi siamo costretti a vivere con le finestre chiuse e barricarci dentro casa, perché è veramente diventato invivibile. Non si respira. È un odore acre che ti prende alla gola. Ti manca l’aria, provoca una sensazione di nausea e un malessere fisico. Chi non l’ha mai sentita - ha aggiunto la donna - non può capire. Ma nonostante le segnalazioni non stiamo concludendo nulla».

Lucia racconta che ha avuto modo di parlare più volte con il proprietario dell’impianto per spiegare il malcontento. «Lui – dice Galeone – ritiene che la causa non siano loro. Ma noi invece sosteniamo il contrario. Che l’odore provenga dall’impianto è stato accertato dall’Arpa con svariate relazioni e che ha localizzato la loro azienda come causa del problema».

Il fenomeno, secondo quanto raccontato dagli abitanti, non è continuo: dipende dai venti e dalla situazione meteorologica. «Però ci sono giorni in cui è invivibile – afferma Lucia – immaginate che la vostra casa venga invasa da un odore acre di spazzatura. Non so neanche descrivere una cosa così brutta». Il 29 settembre i cittadini avevano già fatto irruzione nella sede della ditta affrontando la questione con il direttore e alcuni responsabili che hanno risposto a tutte le loro domande, impegnandosi a collaborare per la soluzione del problema anche attraverso la già programmata chiusura dei capannoni di stoccaggio dei rifiuti. Nell’impianto, in realtà, dovevano confluire esclusivamente residui plastici provenienti dalla raccolta differenziata e non componenti organici che generano il cattivo odore.

Dall’incontro i cittadini si aspettavano che fosse ascoltata la loro voce, stanchi di vivere in questa situazione. «Ci devono tutelare – dice Lucia – io capisco che Irigom abbia tutte le autorizzazioni, ma non si doveva autorizzare un impianto così vicino alle case e alle scuole».

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