La storia
Taranto: donna malata di Sla diventa «anziana» e le tolgono ore di assistenza
Da 31 anni convive con la patologia. Ulteriore beffa: la famiglia deve contribuire economicamente in base all’Isee per l’intervento degli operatori socio-sanitari
TARANTO - Delia D’Ettorre convive con la SLA da 31 anni, dal 1992 a oggi la malattia è degenerata allettandola completamente. È la più longeva persona affetta da SLA in Europa e da poco ha compiuto 67 anni, ma ha anche appena saputo che potrebbe passare dall’assistenza disabili all’assistenza anziani. Un passaggio che comporta, non solo una diminuzione delle ore di assistenza, ma anche un intervento economico della famiglia nella gestione del malato che si calcola in base all’Isee e può arrivare fino al 50 per cento delle spese per le prestazioni degli OSS, operatori socio sanitari. «È possibile - ha scritto Delia su Facebook - che a 67 anni una malata di SLA perde l’assistenza domiciliare da parte del Comune e se lo deve pagare personalmente? Perché è anziana, è una colpa esserlo? La patologia è la stessa e le entrate son sempre le stesse. È una incongruenza. È una vergogna!».
Francesco Mellone è il caregiver di Delia, il suo amministratore di sostegno, compagno di vita da quasi 50 anni, nonché la sua voce. «Io - conferma - Delia non l’ho mai abbandonata, maledettamente questa malattia ti lascia il cervello lucidissimo, ma ti toglie la voce». Con una telefonata e poi una mail, Francesco è stato invitato dall’Asl di Taranto, il 14 giugno prossimo, per «una rivalutazione multidimensionale della signora Delia D’Ettorre». Per avvisarlo, insomma, che ci saranno delle variazioni riguardo l’assistenza.
La SLA, Sclerosi Laterale Amiotrofica, è una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce le cellule nervose cerebrali e del midollo spinale che permettono i movimenti della muscolatura volontaria. Oggi Delia è alimentata meccanicamente e respira collegata al respiratore. Viene assistita ogni mattina per un’ora, da due OSS dell’Asl che curano la sua igiene e la posizionano sulla poltrona dove lei resta fino alle 17. In seguito, l’OSS inviato dal Comune la rimette a letto e l’assiste per un’ora e mezzo, dal lunedì al sabato. Tre volte la settimana una signora, inviata sempre dal Comune, si occupa della pulizia degli ambienti in cui Delia vive. Una esistenza di dipendenza che una persona con la sua tempra accetta di malgrado, ma lei è fermamente attaccata alla sua vita, ai suoi nipoti. «É lei che ci dà la forza» sottolinea Francesco, che oggi si chiede come farà a pagare i conti. Perché un malato di SLA ha dei costi da sostenere che vanno oltre l’ordinaria amministrazione. Il caregiver racconta che appena un anno fa, Delia ha avuto bisogno di una ecografia d’urgenza, ma l’Asl non ha un ecografo domiciliare, così la famiglia si è dovuta sobbarcare la spesa di un esame privato a domicilio, di cui non ha avuto rimborso.
«Invece di aumentare la disponibilità dell’assistenza - dice Francesco preoccupato - mi parlano di riduzione o addirittura di contributo che la famiglia deve dare per l’assistenza. E questo per me è fuori da ogni criterio». Delia ha la fortuna di recepire una pensione, più un saltuario assegno di cura, ma già oggi non riesce a coprire tutte le spese. «Mi hanno detto che un OSS viene pagato 18 euro all’ora - incalza Francesco - noi dovremmo coprire il 50 per cento. Che si uniscono alle altre spese di assistenza di Delia e da dove li prendiamo questi soldi?».