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«Benzene, i valori schizzano»: ecco l’ultimo dossier Arpa a Taranto

Francesco Casula

«I livelli di concentrazione sono stati particolarmente critici nel mese di gennaio 2023». È quanto ha scritto Arpa Puglia in una relazione rimasta finora segreta e inviata a marzo alle istituzioni locali e regionali a proposito dell’emergenza

TARANTO - «I livelli di concentrazione sono stati particolarmente critici nel mese di gennaio 2023». È quanto ha scritto Arpa Puglia in una relazione rimasta finora segreta e inviata a marzo alle istituzioni locali e regionali a proposito dell’emergenza benzene a Taranto.

Il documento, scovato dalla Gazzetta, è uno degli elementi finiti sul tavolo del sindaco Rinaldo Melucci che nei giorni scorsi ha firmato la nuova ordinanza che impone ad Acciaierie d’Italia e Ilva in amministrazione straordinaria di trovare entro 30 giorni soluzioni per ridurre le emissioni dell’inquinante cancerogeno oppure spegnere gli impianti dell’area a caldo entro i prossimi due mesi. Nella relazione, l’Agenzia di Protezione ambientale della Regione Puglia, ha spiegato che nel mese di gennaio 2023 le concentrazioni medie mensili di benzene nelle due centraline del quartiere Tamburi più vicine alla fabbrica «sono risultate in netto aumento rispetto a quelle registrate nel mese precedente».

Dai dati riportati, infatti, secondo Arpa, la media mensile registrata nella postazione di via Orsini «ha raggiunto un valore di 5,9 microgrammi al metrocubo» definito il «valore medio mensile più alto registrato dalla suddetta centralina a partire dalla sua installazione nell’agosto del 2013». Non solo. Quel valore rappresenta anche il «primo caso in cui la concentrazione media mensile di benzene ha superato il valore limite di 5 microgrammi al metrocubo che, tuttavia - specifica l’agenzia - si riferisce alla concentrazione media annua». Se insomma le emissioni non dovessero ridursi, il rischio è che venga superato il limite annuale di legge.

Nel mese precedente, ha aggiunto Arpa Puglia, la concentrazione media di benzene nella stessa postazione «era risultata pari a 3,5 microgrammi». A cosa è dovuto quindi un aumento così significativo?

Gli specialisti dell’Arpa hanno chiarito che a gennaio «si sono verificati cinque eventi di Wind Day», giornate cioè in cui il vento forte soffiava dallo stabilimento verso la città portando nelle case e nelle strade il carico di polveri e inquinanti: pur non generando aumenti di altre sostanze, come il pm10, è proprio in quelle giornate, nelle quali gli abitanti del rione vicino all’acciaieria sono costretti a chiudere le finestre e non far giocare i figli per le strade, che si sarebbero verificate le maggiori concentrazioni di benzene.

Ma come evidenziato già da tempo, l’emergenza benzene non è nuova: da anni infatti le centraline di monitoraggio registrano lievi, ma costanti crescite. «Dal mese di dicembre 2019 – si legge ancora nella relazione – si è avuto un significativo aumento delle concentrazioni medie mensili di benzene» e soprattutto che i valori giornalieri cambiano proprio sulla base dei venti: «quando si instaurano le condizioni per il trasporto degli inquinanti dall’area – scrivono gli esperti – industriale verso il sito Tamburi, con venti prevalenti da Nord Ovest, le concentrazioni aumentano». Quando, proprio a gennaio, per la prima volta l’Arpa puntò il dito contro Acciaierie d’Italia con una nota in cui chiedeva di avviare procedure per ridurre le emissioni, l’azienda che gestisce lo stabilimento tentò di smarcarsi accusando l’Eni. Con una missiva, AdI contestò «fermamente» sia «il fatto che l’aumento nei livelli di benzene sia attribuibile allo stabilimento siderurgico» sia «la richiesta di adottare interventi correttivi per le ragioni di seguito esposte» e rilanciò indicando nella raffineria una possibile fonte alternativa: «sul punto, Adi evidenzia – aggiungevano dalla fabbrica – che nell’ambito della raffineria di Eni spa contigua allo stabilimento, a partire da novembre–dicembre 2019 è gestito il greggio “Tempa Rossa” proveniente dalla Basilicata e trasportato in raffineria mediante l’oleodotto Viggiano-Taranto». Con questa nuova relazione, però, Arpa ha chiarito che la sorgente è proprio negli impianti del siderurgico e in particolare nel reparto «Cokeria».

Dall’azienda, intanto, nessuna replica: gli avvocati sono però al lavoro per impugnare l’ordinanza del sindaco Melucci e aprire una nuova battaglia giudiziaria.

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