La tragedia

Taranto, operaio morto mentre usava un flex: due indagati dopo l'inchiesta

Francesco Casula

Sotto accusa per omicidio colposo i vertici dell’azienda. Gli indagati non avrebbero adottato adeguate misure per la sicurezza del lavoratore

TARANTO - Si è chiusa con tre indagati, due persone fisiche e un’azienda, l’inchiesta per la morte di Guido Gaetano Prudenzano, 53enne originario di Sava e residente nella frazione di Uggiano Montefusco, che l’8 agosto dello scorso anno fu travolto un flex mentre stava lavorando nel capannone della zona industriale di Taranto: l’attrezzo meccanico gli recise l’arteria femorale causandogli un’emorragia fatale.

Il pubblico ministero Francesco Ciardo ha firmato l’avviso di conclusione delle indagine contestando il reato di cooperazione in omicidio colposo a Pierpaolo De Leonardis, amministratore unico della «Gse spa», azienda in cui lavorava Prudenzano, e al preposto Francesco Fornaro. Secondo la procura, i due, difesi dagli avvocati Fabrizio Lamanna e Nicola Ciaccia, «per negligenza, imprudenza ed imperizia» e in violazione delle norme per la sicurezza sul lavoro avrebbero omesso la valutazione del rischio legato alle operazioni di smerigliatura che il 53enne stava effettuando non adottando «idonee ed efficaci misure di prevenzione e protezione» come la dotazione al banco di lavoro di appositi strumenti necessari a mantenere fermi i pezzi di carpenteria in lavorazione.

A Fornaro, in qualità di responsabile dell’operazione in quel momento nel capannone industriale, viene contestata anche la mancata vigilanza sull'attività del lavoratore a cui avrebbe dovuto chiedere di rispettare le disposizioni aziendali sull'uso dei dispositivi di protezione individuale. In sostanza Fornaro avrebbe dovuto verificare, secondo l’accusa, che il lavoratore utilizzasse la smerigliatrice in maniera conforme al libretto d'uso e cioè che impugnasse la smerigliatrice con entrambe le mani e non con una soltanto.

Prudenzano, infatti, secondo quanto ricostruito dagli investigatori dello Spesal era infatti intento ad effettuare la smerigliatura di piastre in metallo «operando – scrive il pm Ciardo – in condizioni di assoluta insicurezza, impugnando la smerigliatrice con la sola mano destra, poiché la smerigliatrice era priva di impugnatura laterale, e lavorando sulle piastre poggiate direttamente sul piano di lavoro mantenendole, in posizione verticale, con la mano sinistra, in quanto il banco di lavoro era privo di morse o altri strumenti idonei a bloccarle»: per la procura, quindi, Prudenzano avrebbe dovuto utilizzare quel piccolo flex con due mani così da evitare o quantomeno limitare contraccolpi, rimbalzi e reazioni dell'utensile: sarebbe stato proprio un contraccolpo a fargli perdere il controllo dell'attrezzo provocando una profonda ferita sulla coscia della gamba sinistra e il taglio dell'arteria femorale che generò una significativa perdita di sangue che lo portò alla morte.

Dopo i primi tentativi di soccorso da parte dei colleghi, sul posto giunse il personale del 118 che tentò di bloccare l’emorragia stringendo dei lacci alla base dell’inguine, ma purtroppo senza riuscire a salvargli la vita: l’uomo morì infatti durante la corsa disperata in ospedale.

Inizialmente nell’inchiesta furono 5 le persone finite nel registro degli indagati, ma al termine degli accertamenti non sono emerse responsabilità penali di alcune persone, tra le quali un medico assistito dall’avvocato Alessandro Scapati: per loro il pm Ciardo ha stralciato le posizioni per avviare evidentemente la richiesta di archiviazione. Entro i 20 giorni dalla notifica dell’avviso di conclusione dell’inchiesta, gli indagati potranno chiedere di essere interrogati o presentare memorie difensive attraverso i propri legali e fornire così la propria versione dei fatti: toccherà poi al magistrato inquirente decidere se chiedere l’archiviazione delle accuse oppure il rinvio a giudizio.

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