I nodi del siderurgico

«Vertenza ex Ilva, ora uscire dal pantano»

Redazione Taranto

Federmanager: la fabbrica senza area a caldo non può funzionare, aumentare la produzione a 6 milioni

TARANTO - «Occorre uscire dal pantano, sembra la classica patata bollente che viene scansata dalle forze politiche. E stiamo parlando della fabbrica più importante del Paese, indispensabile per il settore meccanico e per lo sviluppo del quale negli anni passati sono state spese tante risorse pubbliche». Lo sottolinea il presidente di Federmanager Taranto Michele Conte intervenendo sulla vicenda ex Ilva. «Relativamente ai progetti di maggiore complessità - aggiunge - come la decarbonizzazione con la produzione di Dri e utilizzo di forni fusori elettrici, questi rappresentano un futuro, un cambiamento ed una transizione verso l’acciaio “green” che nulla ha a che fare con una ripresa produttiva che riteniamo debba essere immediata».

Secondo Michele Conte, «è davvero un peccato che la fabbrica non riesca ancora a decollare in termini di produzione di acciaio e di risultati economici per avviare, finalmente, quella conversione che in molti Paesi si sta concretamente mettendo in moto. Siamo pertanto di fronte ad un controsenso industriale ad un vero e proprio paradosso».

Le società Invitalia e ArcelorMittal, «pur dando loro atto - osserva il presidente di Federmanager - della difficile situazione della fabbrica (ancora oggi sotto sequestro), non sembrano raccogliere le reali necessità di questo complesso industriale, mostrano segnali di reciproca diffidenza per interessi, forse, contrastanti (il colosso ArcelorMittal è una società concorrente) e, fatto estremamente grave, perdurano da oltre un biennio azioni non coerenti con la normale funzionalità e gestione degli impianti in termini di carente manutenzione, gestione delle scorte e dei ricambi».

Così proseguendo «il risultato - dichiara Conte - sarà solo quello di una perdita del patrimonio industriale che va gradualmente degradando con rischi di accidentalità, fermi impiantistici e disservizi ambientali. Certamente non è colpa dei dirigenti operativi delle varie aree produttive, ridotti ad esecutori di direttive imposte dal top management ed espropriati del loro ruolo e che in questa situazione devono essere tutelati per recuperare il loro ruolo».

Federmanager fa presente che «oggi le emissioni inquinanti, per effetto degli interventi previsti ed eseguiti per le prescrizione Aia (Autorizzazione Integrale Ambientale), sono tutte entro i limiti previsti dalla legge come da puntuali rilevazioni Arpa. Ed è davvero poco comprensibile come in una struttura impiantistica come quella di Taranto, che ha tre altiforni disponibili, se ne utilizzino oggi solo due, pur avendo un terzo altoforno fermo e pronto a partire e che abbia pianificato produzioni per il corrente anno di solo 4 milioni di tonnellate di acciaio e per l’anno 2024 produzioni di 5 milioni di tonnellate di acciaio».

La marcia, insiste Conte, «con i tre altiforni, con una fabbrica ben funzionante, consente produzioni di circa 6 milioni di tonnellate e questo sarebbe possibile da subito in quanto l’Aia consente tale produzione. Si intravedono in questa carenza operativa pesanti responsabilità aziendali». Federmanager chiede «un urgente riscontro per conoscere come sarà affrontato e risolto il problema delle ridotte produzioni della fabbrica di Taranto».

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