TARANTO - La lunga vicenda giudiziaria, seguita alla dichiarazione di dissesto finanziario del Comune di Taranto del 2006, si arricchisce di un nuovo capitolo. La terza sezione civile della Corte di Cassazione ha ribaltato la pronuncia della Corte di Appello ionica che nel 2020 aveva rigettato la richiesta di risarcimento avanzata dal Comune, basandosi sul presupposto, giudicato errato dagli Ermellini, della carenza di prova di reato sotto il profilo oggettivo e soggettivo.
È stato così accolto il ricorso proposto dall’avvocato Stefano Caffio, difensore dell’ente nel procedimento. In tale ottica, le condotte accertate rappresentavano in ogni caso, secondo la Cassazione, un illecito civile meritevole di risarcimento, nonostante la prescrizione del reato. La sentenza, dunque, consentirà all’ente di chiedere un risarcimento per il danno stimabile in 500 milioni di euro per le vicende che portarono alla dichiarazione di dissesto, cioè - ricorda una nota di Palazzo di Città - il sistematico occultamento di rilevanti poste di debito dal rendiconto comunale, tali da renderlo non rappresentativo dell’effettiva situazione finanziaria.
«Al di là della possibilità e della volontà di procedere alla richiesta di risarcimento - ha commentato il sindaco Rinaldo Melucci - questa sentenza ci restituisce un riconoscimento sacrosanto: avevamo ragione a continuare nella nostra azione di tutela dell’istituzione comunale. Abbiamo posto un caposaldo, ossia che vi è stata un’amministrazione illecita delle finanze dell’ente. Responsabilità, quest’ultima, che pesa interamente su quei partiti di centrodestra che oggi, invece, tentano goffamente di riscoprirsi puristi».