GUERRA FREDDA

Le navi di Putin nello Ionio: «Alto il rischio di incidenti»

Maristella Massari

L’allarme della Marina italiana. Si è sfiorato il peggio con la flotta Usa

TARANTO - La nuova Guerra fredda si gioca di fronte alle coste pugliesi. Le navi russe si sono spinte nelle ultime settimane fino al Mar Ionio. Manovre navali con gruppi di unità sempre più numerosi in un Mediterraneo che il Capo di Stato maggiore della Marina, l’ammiraglio di squadra Enrico Credendino, ieri ha definito «affollato». Numeri alla mano, in una dettagliatissima relazione, il capo della Marina Militare italiana ha esposto in audizione alle Commissioni parlamentari di Difesa e Esteri la situazione di rischio, non nascondendo nemmeno i timori per atteggiamenti dei russi definiti «aggressivi» che cominciano a diventare veri e propri segnali di allarme.

«Gli effetti immediati sulla nostra sicurezza della guerra in Ucraina si sono riverberati ancora una volta sul mare», spiega l’ammiraglio per il quale «i russi hanno un atteggiamento aggressivo che non era usuale nel Mediterraneo e prima era evidente solo nel Baltico». Oggi le navi della flotta di Putin arrivano fino allo Ionio senza problemi. «Fanno puntate verso lo Ionio con un gruppo navale di tre navi moderne - ha spiegato l’ammiraglio Credendino -. La nave più moderna è la russa, che in questo momento è in Sudafrica e ha imbarcato i missili ipersonici. Non sappiamo se siano efficaci o meno, questo lo vedremo quando la nave entrerà nel Mediterraneo. I russi dicono che sarà la più moderna al mondo. La situazione è complessa e turbolenta - ha aggiunto il Capo di Stato maggiore della Marina -, il rischio di incidenti è alto».

Alto al punto che, in almeno una occasione, si è sfiorato l’irreparabile. Alcune settimane fa, tra russi e americani è salita la tensione quando l’unità navale della flotta di Putin ha fatto decollare velivoli senza pilota mentre in quel tratto di mare stava operando un gruppo navale della Nato capeggiato da una portaerei americana. Secondo quanto riferito in audizione dal Capo di Stato maggiore della Marina, un nostro caccia (presumibilmente la nave «Doria» che da dicembre ad oggi è stata impiegata nella scorta alla «Bush» in Adriatico, ndr) si sarebbe frapposto tra le due unità prevenendo ulteriori conseguenze.

Per definire meglio la situazione di tensione crescente, l’ammiraglio Credendino ha portato il paragone del 2015. «Allora nel Mediterraneo c’era una sola nave russa, che usava una piccola base in Siria a Tartus, mentre oggi quella base è cresciuta e può ospitare molte navi. Dal 2015 a oggi il numero di navi nel Mediterraneo è aumentato: fino a qualche settimana c’erano 18 imbarcazioni russe, 15 navi e tre sommergibili, compreso uno balistico (nel Mar Nero sono in tutto 25). Dopo un anno di attività, alcune sono dovute rientrare e ce ne sono attualmente una decina. Certo - ha chiarito Credendino - non si tratta di una minaccia diretta al territorio nazionale ma la possibilità di un incidente è concreta e quando succede «non si sa mai dove si può andare a finire».

«Nel Mediterraneo, molto affollato, c’è un equilibrio instabile - ha aggiunto il Capo di Stato maggiore della Marina - . Non si erano mai visti quattro gruppi portaerei alleati (italiano, francese, americano e la nave anfibio spagnola). Del resto, ammette Credendino, i russi fanno puntate verso lo Ionio senza problemi. È per questo che «serve una maggiore presenza in mare - è la conclusione di Credendino - l’esigenza per noi è di essere presenti con una flotta bilanciata», anche alla luce del problema del riarmo delle nazioni della sponda sud del Mediterraneo, come «l’Algeria che compra navi da Italia, Francia e Germania, ma i sommergibili dotati di missili Kaliber li ha presi dalla Russia».

Ma non è solo una questione di equilibri: «nei fondali proteggiamo i cavi sottomarini e presidiamo inoltre le condotte di gas che collegano Tunisia, Algeria, Libia e Albania all’Italia, nel caso qualcuno volesse farci del male». La Marina Militare italiana è impegnata in una vasta attività di sorveglianza marittima con l’operazione «Mediterraneo sicuro». Le nostre navi incrociano al largo delle coste pugliesi da quando, a dicembre scorso, la «Akademik Pashin», una unità navale russa, si era posizionata prima sul cavo sottomarino OteGlobe, il collegamento in fibra ottica che collega Bari alla Grecia, per poi spostarsi all'altezza del «Tap», la condotta sottomarina che fa arrivare il gas dal confine fra Grecia e Turchia alla zona di Melendugno (Lecce). Una provocazione di Mosca quella - l’ennesima - per mantenere alta la pressione sulla Nato nel Mediterraneo. A fronte dell’impegno costante in mare però, le risorse della Marina sono insufficienti e ci sono una serie di richieste con una lunga lista di necessità, dagli equipaggi scarsi alle carenze della flotta italiana. Servirebbero «da tre a sei fregate anti-sommergibile in più, altre due navi antiaerei, una seconda portaerei, una nave logistica e due sommergibili», ha concluso il Capo di Stato Maggiore, auspicando il raggiungimento del 2% del Pil per le spese della Difesa.

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