Il fenomeno

Taranto: criminalità minorile in aumento, è allarme

Francesco Casula

Preoccupante quadro tracciato dal procuratore generale Antonio Maruccia. Secondo i dati dell'ultimo Anno Giudiziario si è passati da 204 a 256 procedimenti

TARANTO - C’è una profonda crisi educativa a Taranto, un’emergenza che spinge i minori verso la delinquenza e poi nelle fila della criminalità organizzata. I reati dei minorenni tarantini, infatti, non solo sono aumentati, ma sono commessi spesso per futili motivi, espressione di «frustrazioni, di fallimenti e di opposizione alle regole ed al sistema». È il quadro preoccupante tracciato ieri dal procuratore generale Antonio Maruccia nella relazione presentata in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario: un documento che, dopo l’allarme già lanciato dal procuratore per i minorenni Pina Montanaro, ha fornito i numeri di quella che appare sempre più come una vera e propria emergenza.

«A Taranto – si legge nel documento – si è passati da 204 procedimenti dello scorso anno giudiziario a 256 dell’attuale, vale il dire il 25 percento circa in più». Secondo la magistratura alla base di questa escalation ci sono una serie di fattori: «gli effetti della pandemia continuano a determinare disagio giovanile al quale si aggiungono le conseguenze della crisi socioeconomica specie nella provincia di Taranto, colpita dalle vicende della ex Ilva. Qui, peraltro, sempre più frequenti sono i casi di minori indagati per attività svolte nell’ambito di gruppi criminali di maggiorenni dediti stabilmente al traffico e allo spaccio di stupefacenti. Quindi non solo baby gang, ma arruolamento nei clan criminali quale passaggio di affermazione e di “crescita personale”». E ancora, la relazione della magistratura ha spiegato che la criminalità minorile tarantina è «connotata da aggressività, dall’indifferenza e da indiscriminata violenza»: comportamenti feroci, insomma, come effetto di una «profonda crisi educativa oltre che di profondo disagio economico, sociale e familiare. che determinano situazioni di pregiudizio per i minori spesso indotti a considerare assolutamente “normali” attività gravemente illecite».

A condizionare quella devianza, è evidentemente il contesto tarantino ancora fortemente caratterizzato, come ha evidenziato il nuovo procuratore della Repubblica di Taranto, Eugenia Pontassuglia, dalla presenza sul territorio di organizzazioni mafiose eredi del clan «storici» che hanno insanguinato Taranto tra gli anni ‘80 e ‘90 che gestiscono il traffico di droga, usura ed estorsioni, armi e «non disdegnando il ricorso a condotte violente e minacciose» per realizzare profitti o acquisire il controllo diretto o indiretto di attività economiche, la gestione di appalti e servizi pubblici». Una situazione che negli anni si è aggravata dalla crisi economica legata alle vicende dell’ex Ilva che «hanno portato ad avvicinare fasce intere della popolazione, soprattutto quelle giovanili, all’illegalità e a fornire ossigeno alla criminalità organizzata».

Una situazione che, come detto, si ripercuote soprattutto nei giovanissimi «molti dei quali – si legge ancora nella relazione – sono anche spinti ad avvicinarsi all’illegalità ed al crimine organizzato assumendo, comunque sempre più frequentemente, delle condotte spesso caratterizzate da violenza e rabbia per tutto ciò che li circonda».

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