MEZZOGIORNO DI FOCUS

L'allevatore Fornaro e l'ex Ilva: «Ma Taranto deve essere liberata»

Giacomo Rizzo

Dopo gli ultimi rilievi dell’Arpa: «I problemi non sono ancora risolti»

TARANTO «Oggi si vuole descrivere una città libera dai veleni, ma la realtà è diversa. Quel mostro continua a inquinare e causare malattie come prima. I picchi di diossina evidenziati dall’Arpa nell'aggiornamento 2021 del monitoraggio della qualità dell'aria devono far riflettere». Per l'ex allevatore ed ex consigliere comunale Vincenzo Fornaro, che subì lo sterminio del gregge contaminato dalla diossina, è un amaro déjà-vu. Una situazione già vista e provata sulla propria pelle. «Dal 2008 - spiega - purtroppo abbiamo una visione diciamo "privilegiata" per quanto riguarda l'inquinamento Ilva, in quell'anno ci fu l'abbattimento di tutti i nostri capi di bestiame e sempre da quell'anno abbiamo sul tetto di casa un deposimetro Arpa che raccoglie mesi dopo mesi le deposizioni atmosferiche, determinando il carico inquinante. Bene, la relazione riferita allo scorso anno per quanto riguarda le medie annuali di diossina e benzo(a)pirene certifica in entrambi i casi un aumento significativo».

Alla famiglia Fornaro furono abbattuti e portati al macello 600 capi di bestiame, tra ovini e caprini. L’Istituto zooprofilattico di Teramo rilevò la presenza oltre i valori limite di diossina e Pcb nel latte degli animali. Ma invece di eliminare la fonte inquinante, le istituzioni decisero di percorrere la strada in quel momento più semplice: mandare al macello gli animali...

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