Il siderurgico
Ex Ilva di Taranto, Arpa scrive a Ispra e a Cingolani: «Qualcosa non va nel monitoraggio delle emissioni»
Riflettori puntati sulle linee di agglomerazione, camino E312, fanghi d’altoforno e collinette ecologiche
L’Arpa Puglia segnala possibili falle nell’attività di monitoraggio delle emissioni dello stabilimento siderurgico di Taranto in una lettera inviata ad Ispra, Ministero per la Transizione Ecologica e, per conoscenza, ad Acciaierie d’Italia e Ilva in As, con la quale fornisce controdeduzioni alle osservazioni presentate dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale dopo la riunione dell’Osservatorio Permanente per l’Ilva di Taranto del 14 dicembre scorso. L’agenzia si sofferma, in particolare, su tre punti. Il primo: ribadisce la necessità di valutare un riesame parziale dell’Aia o dell’istruttoria tecnica in merito al monitoraggio delle emissioni delle linee di agglomerazione dello stabilimento siderurgico in particolare quando lo stato dell’impianto è “in transitorio”. Secondo: evidenzia possibili criticità nella verifica sulla prevenzione delle emissioni diffuse sul tetto delle coperture dei parchi minerali. Terzo: chiede di rafforzare le procedure di controllo sull’attendibilità dei dati di gestione del cumulo di sottoprodotti (fanghi e polverino d’altoforno).
Le emissioni rilasciate dal camino E312 dell’impianto devono essere monitorate in continuo cercando di ridurre al massimo le condizioni di stato impianto “in transitorio” durante le quali l’azienda continua a produrre Sinter (minerale di ferro agglomerato) in assenza di verifica del rispetto dei valori limite emissivi previsti dall’Aia.
Secondo l’Arpa, «è necessario che la valutazione del riesame in oggetto sia effettuata sulla base delle emissioni totali durante i periodi di funzionamento “a regime” e in transitorio dell’impianto, e specifiche per unità di prodotto, e non esclusivamente sulla base della valutazione dei trend emissivi (in concentrazione e in massa) del camino».
Dall’analisi dei dati Sme (emissioni in continuo) acquisiti dal Gestore, con l’attuale configurazione dello stato impianto “in transitorio, l’Agenzia ha riscontrato «che, nel periodo analizzato (da gennaio a ottobre 2019), la percentuale (mensile) dei transitori di impianto scartati e non utilizzati ai fini della conformità ai valori limite emissivi pari a circa il 20-25% del totale del periodo di esercizio mensile».
Per quanto riguarda il tema di prevenzione delle emissioni del tetto delle coperture dei parchi primari fossile e minerali, l’Arpa sostiene che le indicazioni previste dal DM 31/2015 secondo cui il posizionamento delle unità di monitoraggio polveri con sistema di attivazione automatica dell’impianto di nebulizzazione dovrà essere preliminarmente definito con Ispra e Arpa, «non sono state recepite dal Gestore». E la decisione di non ottemperare alle disposizioni «previste dal procedimento di riesame Aia del 2012 e successive modifiche non può essere assunta autonomamente dal Gestore mediante la sola comunicazione, bensì essere frutto di un procedimento istruttorio condiviso».
Sul punto della gestione dei fanghi e del polverino d’altoforno, si rappresenta «che il Gestore ha commesso un errore evidente di registrazione dei quantitativi di sottoprodotto nell’area MR nell’elaborazione dei report trimestrali» previsti dalle prescrizioni vigenti: le quantità depositate «sono state sopravvalutate di circa tre volte».
L’Arpa segnala anche che le indagini ambientali svolte dall’amministrazione straordinaria sulle cosiddette collinette ecologiche (depositate dal legale di Ilva in As presso la procura di Taranto il 19 gennaio scorso) «si configurano come indagini preliminari, non sono state approvate dall’Autorità competente in conferenza di servizi né sono state svolte in contraddittorio» con la stessa Arpa. Dovrà essere la Regione Puglia (con il contributo degli enti in Conferenza di servizi) a procedere alla valutazione degli esiti delle indagini preliminari e alla valutazione/approvazione delle successive fasi (piano di caratterizzazione, analisi di rischio, progetto di bonifica).
Le collinette ecologiche, cumuli alti circa 20 metri che avrebbero dovuto proteggere il quartiere Tamburi di Taranto dalle polveri dell’ex Ilva, furono sequestrate il 5 febbraio 2019 perché costruite con materiali di scarto della produzione d’acciaio, quindi con sorgenti di sostanze inquinanti pericolose. Il pubblico ministero Mariano Buccoliero ha chiesto al gip Benedetto Ruberto l’archiviazione delle indagini ritenendo il reato ormai prescritto senza che sia stato individuato il responsabile.