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Immunità penale ex Ilva, Consulta non decide e rinvia atti al gip

 
Redazione on line

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I giudici costituzionali: la legge è camboata valuti i presupposti per porre questione costituzionalità

Mercoledì 09 Ottobre 2019, 20:00

20:03

La Consulta non si è pronunciata sulla costituzionalità della immunità penale concessa all’Arcelor Mittal per le condotte di attuazione del piano di tutela ambientale e sanitaria dello stabilimento ex Ilva di Taranto. Ma ha rinviato gli atti al giudice di Taranto, che l’aveva investita, perchè valuti se, visto che la legge è cambiata, ci siano ancora i presupposti per porre la questione di costituzionalità.

La Corte costituzionale - spiega una nota dell’Ufficio stampa della Consulta - si è riunita oggi in camera di consiglio per «discutere la questione sollevata dal Gip presso il Tribunale di Taranto su due norme del 2015 (più volte modificate), che hanno consentito la prosecuzione dell’attività dello stabilimento ILVA ed esonerato da responsabilità penale i soggetti che hanno dato e danno attuazione al piano di risanamento, in quanto non rispettose di vari principi costituzionali, tra cui, anzitutto, quelli relativi alla tutela della salute e dell’ambiente».

In attesa del deposito dell’ordinanza, l’Ufficio stampa della Corte fa sapere che al termine della discussione «è stata decisa la restituzione degli atti al Gip, il quale, considerato che nel frattempo il legislatore è intervenuto due volte (dl n. 34 del 2019 e, successivamente, dl n.101 del 2019, in corso di conversione in legge), dovrà valutare se permangono la rilevanza delle questioni e i dubbi di legittimità costituzionale».

A chiedere la remissione degli atti al giudice di Taranto erano stati oggi nell’udienza pubblica gli avvocati di Arcelor Mittal e del governo, mentre si era opposta la Regione Puglia .

A investire la Consulta era stato un anno fa il giudice di Taranto Benedetto Ruberto: ci sono «evidenti profili di criticità e di incompatibilità con i valori costituzionali», aveva scritto nella sua ordinanza, nella norma introdotta dal governo Renzi e confermata da tutti gli esecutivi che si sono succeduti, che prevede che le condotte poste in essere in attuazione del Piano ambientale «non possono dare luogo a responsabilità penale o amministrativa» in quanto "costituiscono adempimento delle migliori regole preventive in materia ambientale, di tutela della salute e dell’incolumità pubblica e di sicurezza sul lavoro».

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