L'intervista
Mola, ecco la nuova vita di Cristina: da operaia a suora di Santa Chiara
«La modernità della vita monastica sta nella possibilità di sentirsi accolta e ascoltata»
MOLA DI BARI - Ha lasciato il suo lavoro da operaia per diventare suor Cristina Miryam. È la scelta di Cristina Recchia, giovane panificatrice originaria di Alberobello, entrata a far parte della Comunità delle Sorelle Povere del Monastero di Santa Chiara di Mola.
Il 25 gennaio verrà consacrata col rito religioso della «professione solenne dei voti temporanei» nella chiesa del Sacro Cuore dall’arcivescovo di Bari Bitonto monsignor Giuseppe Satriano.
Un radicale cambiamento nella vita di suor Cristina Miryam, dal significato profondo: cade in un momento di grande crisi delle vocazioni (solo nel Monastero delle Clarisse di Mola, istituito nel 1677, le ultime professioni solenni risalgono al 2000 e al 2019), un momento storico nel quale ogni anno in Italia decine di sacerdoti e suore chiedono la dispensa dal ministero e dalla professione perché non si sentono più adatti a servire la Chiesa o ad animare i monasteri, e molti altri ottengono periodi sabbatici per superare difficoltà e dubbi.
La svolta, nella vita di Cristina, è arrivata 6 anni fa: «È coincisa col decesso di una persona a me molto cara – racconta -, episodio che mi ha fatto molto riflettere: sono tornata ad interrogarmi su quello che facevo. In realtà avevo una vita normale, con le mie amicizie, i miei viaggi, il mio lavoro, però avvertivo che mi mancava qualcosa e c’era sempre questa paura che mi bloccava. Mi ha aiutato molto l’incontro con un frate che mi ha parlato della Comunità delle Sorelle Povere per la prima volta, quindi sono arrivata a Mola, non col desiderio di entrare in un monastero, ma con la voglia di parlare di questa chiamata arrivata dal Signore».
Cosa è accaduto dopo?
«Già dal primo giorno sono stata accolta con una parola che ho sentito mia. È stato come se il Signore stesse parlando a me in quel momento, con la chiamata di Matteo in cui Gesù dice: “Non sono venuto per i sani, ma per i malati”. Quella parola, detta in quel momento e in quel modo, anche in conseguenza a quello che avevo vissuto e raccontato, ha raggiunto il mio cuore. Per cui ho iniziato il percorso di ascolto della parola di Dio ed è stata la stessa a cambiarmi la vita e a darmi la forza per compiere una scelta che avrei dovuto fare tanto tempo prima».
Perché una donna moderna dovrebbe diventare suora?
«La modernità della vita monastica sta nella possibilità che offre di sentirsi accolta e ascoltata. Nella società c’è tanta difficoltà di comunicazione. Io per prima, ancora oggi faccio fatica a far tacere i miei pensieri e ad ascoltare l’altra persona. Per cui è un cammino nel quale il Signore ti accompagna nel riparare i cuori, come diceva il profeta Isaia».
Com’è la vita nel monastero?
«Una vita normale, nella quale ti accorgi che ogni giorno sei chiamata ad andare incontro all’altro. Io vengo da tanti anni di lavoro e mi piace dire che il monastero cerca di insegnarti ad essere più che a fare. Poi il fare diventa parte di quel essere. In questo monastero siamo impegnate in molte attività (dalla produzione di ostie alle decorazioni artistiche dei ceri e delle icone, alle attività caritatevoli): Santa Chiara benediceva il lavoro come grazia. E qui ho imparato a fare tante cose». Al monastero diretto suor Angela Benedetta Terriaca ogni giorno bussano tantissimi poveri. A Mola c’è tanta gente in difficoltà che chiede anche solo di essere ascoltata.